Profili aguzzi di strega
e morbide fate ovattate
il vento disegna nel cielo.
Tutte le bacia, le prende
e, come le aveva evocate,
crudele, così le cancella…
Profili aguzzi di strega
e morbide fate ovattate
il vento disegna nel cielo.
Tutte le bacia, le prende
e, come le aveva evocate,
crudele, così le cancella…
Come il profilo della luna,
con quel suo naso aguzzo
e il mento arcigno,
eppure più la guardi
e più si svela
come la bella donna
che ci veglierà
nella sua bellezza piena,
così io da sempre aspetto
quelle notti di luce chiara
e serena, che a molti piace
chiamare pace…
sarà una o slabbrata
con narici da clown triste
e occhi tondi spaventati
Quando la pietà del marmo
negherà al tuo chiaro sguardo
il mio sembiante disarticolato
di marionetta troppo magra
che nei vestiti larghi e stinti
esegue danze senza tempo
sulla solenne musica del vento
Quando dai nostri incontri
non privi di passioni
secernerai soltanto lacrime,
feconde di recise rose e viole
Quando mi mancheranno voce,
ispirazione, estro, sensi e tempo,
per convincerti ad amarmi,
allora mi vorrai, ma sarà tardi.
È stato un anno molto duro,
e il nostro amore strano.
Cerco qualcosa di noi, se è rimasto
e non so dove posso trovarlo…
Sotto il cuscino forse?
O in una fetta di salmone,
nel gusto strano, intenso,
che ti rimane in bocca e sulle mani?
O nelle perle di caviale nero
le poche ore stritolate sotto i denti
per masticare i resti rotolanti?
O nell’aria della stanza ancora chiusa
vedere e rivedere quei risvegli…
Quando diventammo noi così diversi,
un piede giù dal letto ed è la fine?
Noi siamo ancora e sempre noi,
ma io mi osservo e resto io
e tu ti guardi e resti tu.
E il nostro amore così grande,
così incapace di fusione
svanisce lentamente nello specchio.
Ho visto le tue lacrime segrete,
donna roccia.
Mi sono dissetato alle sorgenti
della tua infelicità.
Sei bella,
come un’aurora sul ghiacciaio.
Non mi lasciare ancora,
donna sorgente!
Non scivolare via
da queste mani
fra cui da troppi anni
scorreva la tua vita.
Perplessa come una luna
aspetto sentimenti
che sgorghino dal cuore
rughe a quadretti
reti di esangui attese
ritraggono il mio viso
di ansie di sorrisi
e di emozioni antico…
Ti vedo, donna bionda,
quando apro la finestra
presto, ogni mattina.
Attraversi la strada,
butti la spazzatura,
ritorni. Intanto cerchi
le chiavi nella borsetta.
Con la schiena ben dritta
e gli stivali un po’sciupati
percorri la discesa
del garage
con i piedi divaricati,
un passo un po’ da ballerina.
“Chissà se danzerà,
la mia bambina?”
ti domandi pensando
al suo tutù di carnevale
e pensarlo ti fa male.
Dai, andiamo a Venezia
io e te da soli. Ti ricordi?
Saziarci d’ali di piccioni,
io che ridevo, ma morivo, intanto,
di paura. E poi sgranare gli occhi,
tanto era l’incanto della laguna.
Un’emozione così grande
la bellezza, per il piccolo cuore,
che ti stringevo la mano,
per aver consolazione.
Stanotte ti ho sognato
e stavi molto male, babbo,
non l’ombra di un sorriso
sul tuo ultimo volto da ospedale.
Dai, facciamolo tornare,
il tuo sorriso,
vediamoci a Venezia,
quando vuoi andare…
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