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Rinunciare alle Liridi

By Poesia No Comments

Non vidi l’altra sera

volare via da Vega

lo sciame delle Liridi.

La luna era nebbiosa…

Sai, quando venne l’ora

avevo chiuso a notte

le mie mille finestre

negandomi quel cielo,

col petto rattrappito.

Il cuore della casa

a chi passava fuori

apparve nero nero.

 

Ruzzolacampo (malinconia)

By Poesia One Comment

Mi si è arrotolata come una palla

di sterpi la malinconia.

Se ne sta in una sacca sotto lo sterno

vicina al cuore, con uno strano odore,

di sterco di cavallo e, visto l’amore

che nutro per questo animale,

non è poi così male. Parlo di aridità gialla,

in un pomeriggio senza sole.

Ogni speranza è perduta

nel brutto lago artificiale,

come un avannotto gettato lì,

per pescare. E poi andato a male.

Forse nella casa dall’aia deserta

mi aspetta qualcuno, chissà,

forse uno scheletro dimenticato

giace addormentato senza funerale

su quel brutto divano squarciato,

per esempio mio padre, il generale…

(Il berretto era sopra la bara

e vederlo faceva soffrire.)

E non importa se ascolto Sibelius

per scappare in Finlandia,

qualsiasi cosa io faccia,

non riesco a respirare,

come quella volta a Victorville:

Oggi c’è vento e sto male…

 

Avanzi di un’antica passione (lipogramma in R)

By Poesia 2 Comments

Senza di te, le tue piccole abitudini

a volte così moleste, ma così tue,

il tuo passo dolcemente claudicante,

io non vivo più, mio dinamico peluche,

caldo mite animale.

Tu mi disegni la casa,

i suoi spazi con invisibili segnali,

sei qua, sei stato là, tu ci sei

anche quando te ne vai.

Non mi lasci mai, ti odio a volte,

quando ambiguamente non sai

se mi ami o non mi hai amato mai.

Ma menti, io so che menti,

me lo dice la tua mano che intanto

mi tocca come se con le dita

mi baciasse tutta e non mi lascia scampo.

Mi mangi, ti mangio,

stiamo al caldo insieme in questo letto

cui la vita scivola sotto

e tutto il bene e tutto il male

è insieme unico e banale.

 

Prospettive escheriane

By Poesia 3 Comments

Escherianamente estenuata

dalle false prospettive

delle scale e delle loro ombre

che divorano la meta. Non s’arriva,

non si torna, non si sale,

non si scende. Fatica per niente.

E non sarebbe niente

se, dopo aver lasciato

nella casa poco amata

tutti gli orologi che avevo,

anche la vecchia pendola,

almeno si fosse fermato il tempo,

che batte ancora col suo morto cuore,

spaventosamente.

Seppelliti i cadaveri dei ricordi,

uccisi i mobili del primo novecento

e i loro tarli, senza mai più bandire

lo sfrontato sole, salendo al piano

quarto della casa nuova

con un bell’ascensore,

mi porto il buio e quelle rampe

dentro. Non salgo, non scendo

e in questo doloroso passatempo

spreco infinitamente il tempo.

 

L’ora dei naviganti

By Senza categoria 5 Comments

Reclusa nel tramonto

io cerco di fuggire,

ma sono dentro casa,

legata, i polsi e il cuore ,

da questi veli rosa,

da questi drappi neri

con pari voglia in corpo

di vivere e morire.

Portami presto, caro,

fuori da questa stanza,

rompi pareti e indugi,

portami al bel pontile,

a quello strada in legno

che corre dentro il mare.

 

Per illustrare questa mia poesia, ho scelto una foto di Paolo Scarpellini, che ringrazio per la collaborazione.

Piove (primo giorno rosso)

By Poesia One Comment

L’ovvietà di dire “piove”

quando fuori e dentro l’anima

-sapessi quanto- piove…

Eppure è l’unica notizia,

amore. Mi ritrovi in casa,

-già lo sai- se mi vuoi.

Sono triste e lamentosa,

conscia dei miei guai

ed anche vergognosa,

perché, rispetto ad altri,

non sono messa male,

non così tanto, dai!

 

La morte cortese

By Poesia 6 Comments

Questa mattina,

vidi la morte

nel corridoio,

nel corridoio

della mia casa.

Proprio là in fondo

c’era la morte,

c’era la morte

seduta sul trono.

Con le sue vesti

sovrabbondanti,

fatte di lembi

di vesti dei morti.

Più nera del nero

dell’alba d’inverno,

vidi la morte

e la vidi in trionfo.

Per andare in cucina

a farmi il caffè

avrei dovuto

passarle accanto.

Mi era parsa benigna,

e priva di fretta,

come chi viene

e poi se ne va,

ma era la morte,

la morte sul trono.

Non troppo impaurita,

mi mantenni prudente.

Tornai a letto

e adesso son qua,

piuttosto contenta

di raccontarlo.

C’era la morte

e poi se ne andò.

C’era la morte

nel corridoio,

c’era la morte

seduta  sul trono.

Vidi brillare

nel portaombrelli

della sua falce

la grande lama.

Nel portaombrelli

a forma di scarpa

vidi brillare

la grande lama.

C’era la morte,

seduta sul trono

nel corridoio

della mia casa.

C’eran la morte,

La falce, la lama…

Recò un avviso

la morte cortese,

la morte senz’arma,

seduta in maestà.

Or se n’è andata,

ma un dì tornerà,

brandirà la sua falce

e mi ucciderà.

 

2 Novembre

By Poesia 2 Comments

Oggi lo sento nell’aria

questo novembre di ossa,

fradicio triste colloso,

striscia sui tetti di pioggia.

Cadaveri vani di canto

sfogano i mesti gabbiani

rincorsi dal rude maestrale,

traditori immondi del mare.

Quanto lontana è l’estate!

Quasi non provo rimpianto.

Sai, mi succede ogni giorno

di non volere più niente

indietro dall’avido tempo.

Intanto sbiadiscono in cielo

le ultime stelle al mattino,

io sono svegli dall’alba

e con i miei morti in ritardo

mi giro la casa in silenzio

spazzando i fasti di ieri

con questa coperta di lana

che mi riscalda le spalle,

strappata ad un letto di sogni

che ormai chissà dove vanno.

Compleanno

By Poesia 8 Comments

Che un figlio compia quarant’anni

sembra impossibile a una madre,

che si vede ancora intenta ad allattare.

Gli sorride quando passa a salutarla

e si stringe nelle spalle un po’ incurvate

per non sentire tutta la sua fretta

e la sua necessità di andare.

Gli legge gli occhi belli e troppo stanchi

e lo vorrebbe solo consolare

per tutte le promesse che gli ha fatto

quando lo teneva in braccio

per farlo addormentare,

e che la vita non volle mantenere.

E non gli annusa il collo,

come quando era bambino,

mentre si chiede dentro il cuore

se riconoscerebbe ancora al buio

quel suo grande cucciolo sbarbato

profumato, cortese ed elegante

che le illumina la casa quando arriva

e quando se ne va le lascia la speranza

di vederlo ancora ritornare.

 

 

Gabbiani all’alba

By Poesia 12 Comments

Gabbiani all'alba

Cielo scuro a oriente,

scuro malgrado noi…

Come gabbiani in volo

fendiamo questa vita

con lembi d’alba addosso

e battiti del cuore.

Dove vorresti andare

per perderti con me?

La casa non ci basta,

dolce confino ai sogni,

né il mare di città.

Non voglio più parlare

a gente senza nome

tanto per non morire

con le parole in gola

e quel tormento dolce

che aumenta con le ore,

quando la sera aspetto

perché finisca il giorno

e poi la maledico

perché mi accorcia ancora

il tempo che mi resta,

non voglio più provare.

Forse direbbe il saggio,

che ancora non conosco:

“E allora fai qualcosa!”

E tu che cosa pensi,

tu con gli occhietti scuri,

che mi saltelli attorno,

vorresti tu volare

lontano, ma lontano,

ai limiti del giorno,

vorresti tu trovare

quelle ore tinte in rosso

di cui hai pieno il cuore?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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