Vorrei esser nata cane
per quei gloriosi mesi cuccioli
quando basta una palla
o il rientro del padrone
per far cantare il cuore
come un chitarrone.
Vorrei esser nata cane
per quei gloriosi mesi cuccioli
quando basta una palla
o il rientro del padrone
per far cantare il cuore
come un chitarrone.
Inerme quasi rotto il cuore
patente sui liquami dell’ora
fa imbibire le sue crepe di creta
dal grigiore ostinato del tempo,
un novembre di cracule e corvi
che fu avaro di cielo e di sole.
E così si consuma la sera,
non diversa dall’inizio del giorno,
con le sue suggestioni angolari.
Con le vesti ormai lacere d’ansia
verso spigoli acuti di muri
si suicida in eterno ritorno
il divino che c’è nel dolore
senza mai lasciarmi morire.
E mi frullano dentro gli aironi
quando grigi nel grigio dei nembi
dal canale spiccano il volo.
Non palude, non mare, non fiume,
una vena nel tempo, il pensiero.
Lo sai che mi piace
trascinare le ossa
qua e là dentro ai bar,
una casta bohème
di caffè e di spuntini.
Però al bar Galleria
è una cosa speciale,
il suo piccolo mondo
un serraglio di vite,
confidenze ed amori
raccontati di fretta,
tra l’ufficio ed il bus.
E sentirsi un po’a casa,
così uguali e diversi
nella bolla sospesa
fra invenzione e realtà,
così uguali e diversi,
un po’soli e un po’ no.
Voi che mi dite:
“Guarda com’è bella
questa nostra campagna!”
mentre la macchina fugge
fra sterpi dipinti di giallo
e basse fumanti colline
che accerchiano lente
un mare di nuvole e noia
e l’anima mia che si sdraia
sui rami stecchiti dei pioppi
divisa dal vento in brandelli
di flagellazione e rimpianto…
…Cari compagni di viaggio,
sappiatelo tutti, amici parenti:
Lei qui sta morendo, lo sento!
Quei fiocchi rosati tardivi,
sfuggiti alle brume nel cielo,
della mia nostalgia sono lembi
che vanno là dove ha un senso
il verbo tornare e dove mi è dolce
posare i sogni la sera
per nutrire il mio arido cuore.
Come mi piacerebbe
tornare a stanotte,
quando l’intimità
con l’insonnia
lucidava I pensieri
che parevano belli
come chiari cristalli!
Collimava il ritorno
dei miei morti di casa
con il folle concetto
del risorgere adesso,
non avere paura
dei rumori sul tetto…
Solo vento che gira
fra le tegole smosse
o la morte sovrana
che i miei giorni divora?
Non so se ancora punirmi
dì chissà quali peccati,
che credo di non aver fatto,
e riordinare i cassetti,
un brutto, ingrato lavoro,
oppure godermi l’accidia,
i miei noiosissimi ozi,
sempre in camicia da notte,
o farmi un tantino di forza,
uscire, scovare “un barrino”
aperto di festa al mattino
e andarmi a bere un caffè.
Auguri di cuore a tutte le Silvia! Buon Onomastico! ♥
Oggi lo sento nell’aria
questo novembre di ossa,
fradicio triste colloso,
striscia sui tetti di pioggia.
Cadaveri vani di canto
sfogano i mesti gabbiani
rincorsi dal rude maestrale,
traditori immondi del mare.
Quanto lontana è l’estate!
Quasi non provo rimpianto.
Sai, mi succede ogni giorno
di non volere più niente
indietro dall’avido tempo.
Intanto sbiadiscono in cielo
le ultime stelle al mattino,
io sono svegli dall’alba
e con i miei morti in ritardo
mi giro la casa in silenzio
spazzando i fasti di ieri
con questa coperta di lana
che mi riscalda le spalle,
strappata ad un letto di sogni
che ormai chissà dove vanno.
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