Che il soffio fresco e forte
del vento del mattino
dispieghi le tue vele, figlio,
ti spinga sano e salvo
al porto dei tuoi sogni,
per quanto sia lontano.
A tutti i Pietro, a tutti i Paolo vadano i miei migliori auguri di Buon Onomastico!
Che il soffio fresco e forte
del vento del mattino
dispieghi le tue vele, figlio,
ti spinga sano e salvo
al porto dei tuoi sogni,
per quanto sia lontano.
A tutti i Pietro, a tutti i Paolo vadano i miei migliori auguri di Buon Onomastico!
Sono tornata qui con la mente,
paese mio che m’hai tradito
e distrutto e vanificato.
Qui, dove un tempo
respirava col tuo ventre teso
l’ombelico del mondo,
proprio il centro perfetto,
dell’origine del tempo,
mio e di tutto il resto.
Sì, poiché più non ti sento
come il meglio
di ciò che chiamo eterno,
né ti desidero, né ti amo,
né più vorrei ritornare,
son venuta a raschiare
dalla grigia roccia degli alpini,
che fu un tempo la cicatrice
del divenire,
con le unghie dell’ansia
fra i tuoi licheni crostosi,
per ritrovare qualcosa,
un frammento di cielo caduto,
lo smeraldo in una goccia
di rugiada, una speranza
almeno, per ricominciare.
Mamma mia
come siam brutti!
Mai come adesso
l’uomo deforme
può guardarsi
allo specchio…
I cocci trasparenti
del suo vano
apparire perfetto
si son fatti infine
opache teste di gesso
rotolate senza gloria
nella verità cruda
della vera storia.
E l’eroe di un tempo
appare reo inconfesso.
Colpa di chi, ì, ì
se sento quest’eco,
se penso a un bel sogno?
Volevo soltanto
una pausa ai miei giorni
e poi ritornare,
con gli occhi di mare
e la pelle dorata,
già pronta a espiare.
E adesso non so
se vorrò più partire,
gravata nel cuore
dai vostri presagi,
la schiena già curva
di danni e di anni
e le vostre radici
a farmi inciampare
sul sentiero del dubbio,
tortuoso e straniero.
Grazie, ma grazie,
amici solerti,
per cui la speranza
è fonte di danno!
Affidatemi dunque
a medici esperti
con l’autoptico ghigno
già chino sul cancro
dell’estremo sconforto
di chi è già morto dentro!
Nota: L’immagine che ho scelto per illustrare questa mia poesia è un acquerello di Riccardo Scarpellini, che mi è sembrato particolarmente adatto ad esprimere lo sgomento di un’ anima tormentata.
Tiglio di città, se non ci fossi tu…
Abbarbicato alla speranza
come me, a suggere una vita
che non c’è nel nero asfalto
di questa triste umanità…
Se non ci fossi tu, come farei,
senza guardare in strada
verso l’angolo del chiosco
dei giornali, a capire dall’odore,
che si insinua dolce nelle nari,
che giugno avanza, pur nel grigio
cielo di giorni sempre uguali
e che l’estate s’annuncia
nella tua chioma fitta di fiori?
Nota: Con grande simpatia dedico questa poesia all’amica Ale Marcotti, mentre vi propongo di leggere questo suo bellissimo articolo “Come una maglia prestata” in cui ho rilevato alcune affinità col mio scritto, relative alla suggestione “visiva” dell’olfatto.
Consulto l’I Ching
e ne provo sgomento.
Il responso è tremendo,
tanto già lo sapevo.
A che servirà, adesso,
esclamare con voce
sprezzante di sfida,
albagia ed alterigia:
“Tanto io non ci credo?”
Nulla può il mio berciare
contro un triste destino,
raccontato ogni giorno
dal mio corpo in declino,
dalle notti di veglia,
dalla voglia di mare
senza avere la forza
per alzarmi ed andare…
Ed i sogni penosi
con i morti pietosi,
appena alzati dal sonno,
che mi fanno coraggio
e anche tanta paura…
Quella sera sul mio notes
disegnasti per me
un cavallino, il silenzio
di un nitrito lontano,
in tre tratti un ritratto.
Le certezze sprezzanti
della nostra gioventù
che ci consumò presto,
la vita che, galoppando,
ci portò qui, dove siamo,
vicini alla meta,
tenendoci per mano.
Commenti recenti