C’è tanta fatica
nella speranza
quando la vita
ti manda giù giù,
giù con la faccia
a guardare l’abisso.
Tu rubi alla terra
il suo fuoco di lava,
lo sdegnato coraggio,
ad accenderti il cuore
e risali inarcando
la flessibile schiena
così pronto alla lotta
che sarai vincitore.
Ed al resto del mondo
non è dato sapere
quanto un tempo
ci amammo
né dove né quando…
Mi invitavi a danzare
eravamo in cucina
affacciati sui cieli
di quei viaggi futuri
che ora so che mai feci.
Solo un quadro tracciato
dove ancora mi guardi
e trafiggi il mio petto
che già anela sfiorarti
e New York che ci spia,
grattacieli a matita,
non ci resta nient’altro…
O come grato occorre
fra i tuoi capelli folti
quando piove forte
e io ti guardo ritornare
col tuo caro passo
bilenco ma sicuro
e nemmeno ti bagni,
mio anatide dolce
presso di me ora stanziale!
Col tuo naso rapace
al vento vai, roseo contento
di te, di noi, del brutto tempo
e mi sorridi da lontano
e il cuore mi rischiari.
Si destruttura la festa,
si smembra. Nelle singolarità
dei ritorni trascina le membra.
Le effimere stelle si spengono
dentro, si accendono in cielo,
ti guardi intorno e sei solo
Aggrappate alle fronde
del mio abete invernale
con le unghie dorate
speranze, come piccole fate,
si dondolano sognando,
di luce accendendo
ciò che forse accadrà.
E poi la luna certe notti
mi rapisce il cuore
fingendosi una barca
che mi culla in cielo
e mi tornano in mente
le lampare
pulsanti come stelle
dentro il nero mare
e la mia mano, padre caro,
che si perdeva nella tua
e la notte ci avvolgeva,
ma non avevo mai paura…
Un tempo sarei morta
alitando fiati di viole.
Così non fu, sono qua
macinata dalla mola
violenta della vita,
versata a fiotti nella gora
e la voce stridente
della morte mi trafigge
come acciaio di katana
Fallo subito
di cambiare vita
salta dentro
a questo grande
mutamento.
Danza nella
nuova musica
che ti suona
forte dentro…
Il cielo era così blu
che la bellezza malata
della città risplendeva.
Sparse collane di stelle
le luci, il lampione più alto
una luna e io, ombra grigia,
strisciante attraverso, ferita,
con l’anima mia barbona
vestita di stracci, intirizzita.
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