Non me l’aspettavo.
Un geranio fiorito di rosso
alla curva di una strada.
Un portone chiuso
si può aprire.
Pare un luogo
pieno di pace.
Trascinando il suo carro
impolverato di sole
Apollo stanco
al chiuso lo ripone.
Striglia Eòo, Eto,
Flegonte e Piròo
ed ogni sera li guarisce
con l’acqua dall’arsura
con le mani dalle ustioni
alle povere ali.
Poi la biada…
Non sa se questa
vita eterna sia beata
non sa se a oriente
tornerà per liberare
il sole ancora domani…
È da molti giorni
che, cercando l’alba
più bella della vita,
quella di Eos che danzava
e con sciarpe rosate
frustava l’immenso,
io rivedo invece
la più triste.
E tu che morivi, intanto
e dal cielo le fiamme
a lambire la tua casa
tutto intorno
e c’era una gran musica
che sorgeva all’orizzonte
tracimando in mare,
eppure silenzio…
Lunedì
umido plastica
guardo la lavagnetta
nella cucina vuota.
Che brutto se c’è vento
e la plastica vola
su e giù per tutto il campo:
bottiglie sopra il grano.
Estetici stormi
di rondini nere
solcano il latteo cielo
intorno alla tua chiesa.
Marta, adorata Marta
adesso dove sei?
Martedì
vetro alluminio
ho rotto sei bicchieri
mi son ferito un dito
e poi mangio da solo.
Penny sta poco bene
Minù sta dimagrendo,
ci manchi, Marta, amore!
Mercoledì
pattume normale
che qui si chiama il secco,
come il mio amico Fabio.
Domani c’è un incontro
del sindaco neoeletto
con tutti i cittadini.
Io credo che non vado.
Notizie non ne dai
non è normale!
Giovedì
niente pattume.
La vita mi trapassa,
scivola via di dosso
come se fosse acqua
ed io l’impermeabile.
Il rumore del frigo
trafigge il silenzio
perfetto della sera.
Dobbiamo cambiarlo.
L’unica cosa
che io so fare, adesso
è portare giù il pattume
ed è molto importante
perché d’estate puzza.
Una sera ho scordato
l’umido e la mattina
prima di andare a lavorare
son corso dietro al camion
col sacchetto di mais
colante. Che sozzura!
La rosa della corte
è ancora più fiorita.
Il ciliegio è uno splendore.
Il grano già biondeggia…
Perché non torni, amore?
Perderai la mietitura!
Venerdì
carta e umido.
Speriamo che non piova!
I giornali diventano
poltiglia grigio scura
anche il cartone è brutto
perde la forma in mano
e diventa molle molle.
Poveri spazzini,
io dico…che mestiere!
Sabato
niente pattume.
Penny ha scovato
le tue ciabatte rosa
con il leone e i fiori
le guarda e poi guaisce,
lo sai che non ti trova?
Marta, se pensi di passare
non chiedo che tu salga…
guarda verso il balcone.
Il gelsomino è cresciuto,
ha coperto tutto il muro
e profuma da morire,
da levare il respiro.
Dove sei, Marta, mio amore?
Ah, la bellezza sublime
dell’anima immortale!
Chiacchiere da preti.
Ti voglio nel mio letto
mi manca la tua pelle
e il suo profumo, amore.
Domenica
niente pattume
niente da fare.
Solo la passeggiata,
da casa al cimitero.
Parole di ghiaccio
che gelano il cuore
e ci vogliono anni
perché batta di nuovo.
A me è successo
quando imparavo
ad amare e tremavo
di paura.
Tutto intorno a me
divenne una banchisa
polare.
L’anima intinta
nell’acquerello,
colore sperso,
è il tuo pennello.
Pino marittimo
intirizzito,
sveglio
un po’ presto,
sorpreso dal vento
nel primo mattino.
Ribelle assopito,
randagio stanziale,
legato da solo
al ritmo esistenziale,
sgrani gli occhi,
pittore,
sulla tua palude
interiore, verdastra,
pieno di stupore.
Nota: acquerello di Riccardo Scarpellini
Non chiederò all’autunno
di risparmiarmi le foglie
né di offuscarmi i sensi
alle nebbie del mattino.
Per quel fuoco inesausto
che mi consuma dentro
a petto nudo
affronterò l’inverno.
È ritornata l’aria
stupita dell’autunno
occhi grigi di cielo,
anima sospesa.
Commenti recenti