Amo l’averti amato,
e ho caro assai l’amarti,
il tempo ha cambiato voce
ai suoni dell’amore,
le danze sono lente
e le mie vesti chiare
non sono più le stesse,
ma tu sei il mio ragazzo,
adesso più di allora…
Amo l’averti amato,
e ho caro assai l’amarti,
il tempo ha cambiato voce
ai suoni dell’amore,
le danze sono lente
e le mie vesti chiare
non sono più le stesse,
ma tu sei il mio ragazzo,
adesso più di allora…
Amici, dove siete?
Non sente più nessuno
la voce mia che chiama?
Io chiedo un rendiconto
di tutte le promesse
o almeno che diciate
se foste un po’ sinceri
e poi dimenticaste,
presi da tanti guai,
quelli che tutti abbiamo.
Momenti del bisogno
ne ho avuti proprio tanti,
certi son già passati,
altri li sto scontando,
ma me lo son cavata
e me lo sto cavando,…
Quindi nessun rimpianto,
solo la delusione
di non avervi accanto.
Da qualche mattina
conto le rondini,
un calcolo semplice
per saperlo fra i primi:
Sì, stanno migrando,
finisce l’estate.
Quando le guardo
tuffarsi nel cielo,
a ogni alba più grigio,
e ferirlo di frecce
di ali e di gridi,
io non so mai
se quello che vedo
sarà l’ultimo volo
per me o per loro.
Mi salvi ti salvo
un poco per uno
le nostre occasioni
di redenzione
o disperazione.
Qui siamo in due
e non ci son santi,
niente funerali
o canonizzazioni,
niente incenso
e benedizioni,
un solo miracolo
giorno per giorno
che dura una vita,
così silenzioso
e non apparente
che alla fine parrà
inesistente.
Una mezza luna incerta
sta appesa nel cielo
del tramonto dorato
e uno spesso tappeto
di nuvole rosa
stende un soffice invito
a sdraiare la mente,
riposare i pensieri,
ovattare le voci
di indefessi odiatori,
rintuzzare l’invidia
per la mia povertà
e il mio semplice dire,
per la sincerità
che mi mette le ali…
Pendono gli abiti asciutti
da questa mia rella nera,
che uso per il bucato,
dove impicco
bagnati i miei panni
così si sciupano meno.
Fosse così per la vita
che tu la lavi, la asciughi
e ritorna stirata e pulita!
Poi, quando il vento bastardo,
che ogni tanto investe
Livorno e il mio cuore,
fa correre sulle rotelle
lungo il terrazzo sul retro
l’appendiabiti intero
col suo carico addosso,
io penso alle giostre
di quand’ero bambina,
ai miei sogni sciupati,
alla mia anima a brandelli
e imploro devota il Libeccio
di farmi volare lontano…
Il giorno si allarga
per pennelli di cielo
di un grande pittore.
Il mattino fu fresco,
come il dolce respiro
dei tuoi tre bambini,
e capelli di sole
color chiaro lino,
poi sempre più caldo,
come un tempo l’amore,
ma non faticoso,
per carezze di vento
e la pelle che ride.
È un bel pomeriggio,
tu stendi il bucato
e a un tratto capisci
che questa tua estate
non vuole morire.
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Manca un mese lunare
al compimento dell’anno.
Molta pace qui in casa,
piccolo paradiso interrotto
solo dalle campane
che da un po’ detesto
e c’è ombra e c’è fresco.
La sanità mentale pare
a portata di mano
e la sera con il cielo
decorato stellato
spenzolato sopra i tetti
e Marte e Giove, l’universo
sembra così vicino…
Quindi sto bene e mi contento
del mio trasferimento,
non ho rimpianti
(un fatto molto strano)
se non fosse che faccio
sempre troppi conti
e concludo che mi manca
di poter fermare il tempo.
L’origine della morte è nei talloni.
Un giorno ti svegli e ti germoglia
un dolore nuovo da sotto
e sai che non cammini.
Ti nasce una radice nera
che ti radica alla fossa,
ti nutre di terra di cimitero
e tutto il resto si deteriora:
Ti svegli una notte,
ti guardi allo specchio,
ti cala la palpebra
dell’occhio destro.
Stai diventando un vecchio.
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