Mi sto lasciando andare
a questo senso di febbre
senza più lottare. Sto male,
dolore fisico e morale. Insonnia
trasversale. Testa di legno, cuore
che brucia sulla pira lustrale
della mia inutile vita larvale.
Mi sto lasciando andare
a questo senso di febbre
senza più lottare. Sto male,
dolore fisico e morale. Insonnia
trasversale. Testa di legno, cuore
che brucia sulla pira lustrale
della mia inutile vita larvale.
L’alba tarda
in cucina
ogni giorno di più.
Mi fa male al cuore
aprire le tende
e non vederla più,
al suo posto la notte
è sdraiata sui tetti.
Fra sei minuti, lo so,
alle sette e zero sei,
ritornerebbe,
e il sole con lei,
se però non piovesse
nel grigio uniforme
di un cielo irreale.
Fra poche ore
sarà l’equinozio,
il tempo si adegua
e rotola il tuono,
come se fosse
campana del duomo.
Durerà il giorno
quel tanto che deve,
dodici ore o poco di più.
C’è un mesto colore,
il piombo d’autunno
e mesto è l’odore
di marcio del tiglio
e poi da domani
il giorno si scorcia,
Persefone sposa
va sempre più giù…
Auguro a tutti un felicissimo Autunno!
Solo un blando riflesso
di chiesa sfumata
in una vetrata a specchio.
Dilavamento di sabbia e di vento
con quel tanto di pioggia,
ma solo d’inverno.
Nessun rimpianto.
Eppure, al bar qui di fronte,
con un caffè in mano,
per sorbire le ore,
che son sempre più lente
quanto più l’età avanza,
c’è una donna seduta
con l’anima in mano
che guarda e riguarda
la cupola azzurra
nella lieve prigione
di chiaro cristallo
e giochi astratti dei raggi
del sole a settembre
e si domanda
se adesso sta meglio,
che più non si stona
con inni e preghiere,
pentimenti, peccati,
perdoni e campane
per sognare l’eterno, il dopo
beato. O se era più bello
temere l’inferno
che attendere, invece.
l’istante più odiato,
quell’attimo prima
dell’essere stato.
Come una soglioletta
sul fondo dell’abisso
su di te mi appiattisco,
compagno serale.
Vivo un amore
molecolare,
corpo su corpo,
pelle su pelle,
cuore su cuore
in un solo respiro,
quello del mare.
Quiete satellitare
nel mio freddo andare
e polvere cosmica
nello spazio interstellare.
Spargerete, o numi,
grani della mia memoria
nella coscienza universale!
Così che io resti
anche senza sapere.
Mi basterà fondermi,
quando sarà,
con l’essere astrale.
E poi ti accorgi
della falsità del tuo cielo,
è solo un tendone da circo
con un piccolo buco lassù,
da dove sbuca quello vero.
E ti scoppia la rabbia
della gabbia. Povero illuso!
Trapezista professionista,
sempre lì a spenzolare,
per tradizione familiare,
a essere dolce e paziente
e non te ne importa niente,
tu che non volevi essere
buono, almeno non sempre.
E ti metti a gridare
fingendo uno strappo
muscolare. Meglio fare il leone,
ruggire, ruggire fieramente
e, quando la fame ti molesta,
sbranare il domatore con la frusta.
E all’ improvviso capisci
la giovane stella circense,
la bionda, freddissima Alice
delle meravigli più grandi,
che fa sempre ogni cosa
per dimostrare di essere brava
e compiacente. Ma soddisfa
la sua segreta voglia di morte
con le acrobazie più spietate,
senza rete, naturalmente.
Luna piena questa sera
dopo un giorno di noia
mortale. Ah, poter scatenare
almeno una voglia bestiale!
E ululare fuggendo dal nulla
attuale al buio di un futuro
illusorio migliore e divorare
crude le mie nuove ore. Ma nulla
di mannaro in me oramai rimane
e la mia preda, la vita spolpata,
biancheggia nel bagno lunare
di raggi e molte lacrime amare.
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