Questo vasto cielo
tutto scritto di nubi
sbandolate a caso
da un fiato di vento
pare in primavera
per quegli orli d’oro
che guarniscono a caso
il suo bordo slabbrato
a svelare l’immenso…
E invece è inverno,
mio spaventato amore,
e pioverà più tardi
da coaguli di cirri serotini
e dai tuoi tristi occhi
fissi sull’oltre immaginario
di un futuro estremo.
Ma io ti salverò dal tempo
col caldo del mio corpo
ricoprendoti a sedare
i tuoi terribili tremori
e sarà notte e dormiremo.
Cromatismi esposti
di un’alba artificiale…
Dio, come mi manca
di poterti amare!
Un gabbiano intanto,
sentinella del grigio,
si riposa sul tetto
dal dover volare…
Fuori il gelido inverno
si colora di pioggia,
ma la casa ripara
e consuma i ricordi
in oppiacei piaceri
e tepori tranquilli,
falsa, onesta, virtuosa.
Una sublime illimitata
costanza del dolore
che mi trapassa l’anima,
con un ricamo fragile
di sentimenti offesi
e strane tenerezze
del tutto irrinunciabili
e fili in seta e lacrime…
Amare il mio carnefice
pare l’unica via,
sentirmi ancora dentro
quell’ago tutto d’oro
sottile ed implacabile,
per me l’incomparabile…
Mi scricchiola il cuore
ribolle il mio mosto
scoppierò come un tino
quel che ho dentro
uscirà. Di verità
ubriacando…
Salta la rana
fuori dal fosso,
passa una moto,
ecco la schiaccia…
Non era odio,
non era caccia,
questa è la vita:
Viene e poi passa.
Pelle ben tesa
il viso si sdraia
su quello che è stato.
Sono me stessa
presente e passato.
Purezza enigmatica
della bianca luce,
la luna piena si vela
e si svela con strappi
di nuvole chiare.
Per essere sedotta,
l’infida seduce…
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