
Canta ragazza canta
la tua canzone triste,
così francese per il noir
della sua malinconia,
e nessuno sa se odiarti
per quanto ti lamenti
perché ti manca Parigi
o cercare nel cuore
quel che ancora resta
della voglia sottile
di partire.
Troveremo mai
la stessa lenta Senna
e il tremore di mani
a cercarsi nella luce di vetro
di Notre Dame cattedrale
e le stupite bocche
a promettersi l’eternità
d’amore? E il café Latéral,
così angolare come noi,
a sfamare la voglia
di esser lì, semplicemente
a respirare? Accarezza
col velluto nero della voce,
roca come guanti di dolore,
e specialmente con la erre
arrotondata e guasta
la nudità elegante della noia
di un sogno fuori moda,
dei tappi di champagne,
del vestito di raso tarmato,
dei cerini rubati al Buddha bar,
tutto nascosto nell’armoire,
che nemmeno tu, né noi,
né oggi né mai, riusciremo
dolcemente a disserrare.
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