Aggrappate alle fronde
del mio abete invernale
con le unghie dorate
speranze, come piccole fate,
si dondolano sognando,
di luce accendendo
ciò che forse accadrà.
Aggrappate alle fronde
del mio abete invernale
con le unghie dorate
speranze, come piccole fate,
si dondolano sognando,
di luce accendendo
ciò che forse accadrà.
Così te ne vai, come sempre,
danzado i tuoi sogni
di ragazza strana:
forse una nuova vita
e una città straniera,
da prendere l’aereo
per andarci.
E camminarci dentro
un’emozione grande
da far scoppiare il cuore.
E intanto il mondo cambia
e non è più lo stesso
e passano gli anni
e tu che invecchi fuori
e niente dentro, raschiando
l’ammiccare di speranze
dal fondo di un cielo
sempre più malato e nero
e ti sembrano stelle,
ma sono schegge di vetro…
E adesso cosa fai,
polvere di farfalla
i sogni le speranze
e nessuno che ci crede?
Lo vedi come sei ridotta,
le ali tutte a buchi
i pigmenti spenti,
i voli raso terra
derisi tormentati?
Urlerò demenziale
se non posso andar via,
dibattendomi piano
nel grigiore autunnale,
poi un tumulo grigio
che continua a sognare…
Le senti le parole della sera?
Parole che diresti nere
se non fosse per l’azzurro
di un sussurro fra le dita
che ti poso fra i capelli
e fremiti di vento fra le palme
e l’ammassarsi all’orizzonte
di speranze e grigie greggi
del ritorno del pastore
e poi giacere stanchi, noi,
rannuvolando le chimere
in cumuli di cirri e di bufere.
(io ti chiamo babbino)
sai, mi piace guardarti
mentre stai affacciato
al riquadro di stelle
dell’angusto abbaino.
Ti schiariscono gli occhi
certe nuove speranze,
la tua mano che stringo,
che mi scorta ogni notte
alle porte dei sogni,
pare farsi più calda…
fumavano le sigarette
perché non sapevano
di riandare alla guerra
dopo aver scampato
una volta la morte
e che il nemico
era invisibile e forte
e sembrava soltanto
qualche colpo di tosse,
il mattino,
ed era virile fumare
e piaceva alle donne
che non potevano farlo,
almeno non per la strada,
figurarsi le mamme,
in quel tempo mio padre
fumava e fumava.
Io ero ancora piccina
e lui, per farmi giocare,
ecco, riempiva la stanza
di anelli di fumo,
oh, meraviglia,
era un mago mio padre!
Mani tese per afferrarli,
corse, baci, risate,
speranze bambine…
Inghiottitoio di speranze il tempo,
come di foglie la pioggia con il vento,
bocca di fogna voracemente ingoia
ciò che dell’anima resta, giorno dopo giorno.
Muoiono i sogni, vizzi e infreddoliti,
miseri mendichi ai bordi del cammino…
Per fortuna l’inverno fu clemente
si destarono i sogni a primavera
e tremando sbocciarono speranze.
Giacerà la mia anima grande
sulle molli colline dei sogni
intrecciando le nebbie notturne
ai lucori dell’alba vicina
e splendendo di antiche speranze
piangerà nell’eterna rugiada.
Aspetta che sia rosa e nero
il cielo e frema ancora il mare
per un vento di burrasca
che quasi più non spiri.
Io camminerò al tuo fianco
rinata nella luce del tramonto
che mi piaceva un tempo.
Vivrò del tuo pensiero,
amore mio…
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