L’unica cosa viva
per noi stamattina
è quell’albero in fondo,
anche lui molto spento
dal rigore invernale,
tutto il resto è di asfalto
e la nebbia ci assale.
E dentro la bocca
fra la lingua e il palato
rimangono mute
stagnanti parole.
L’unica cosa viva
per noi stamattina
è quell’albero in fondo,
anche lui molto spento
dal rigore invernale,
tutto il resto è di asfalto
e la nebbia ci assale.
E dentro la bocca
fra la lingua e il palato
rimangono mute
stagnanti parole.
Non trovo sollievo
al mio mal di denti
un piccolo dolore in più
nel male universale.
Intanto sanguina il mondo
da mille e più ferite
e l’impotenza dei morti
è macchiata di parole.
Due chiacchiere, ieri ,
con Rebel del vento,
il mio cavallo di Pongo,
che mi venne a trovare
dai pascoli estremi
del tempo “mai più”.
Non molte parole,
ma incontro di sguardi,
in entrambi la voglia
delle corse sfrenate
nelle dolci vallate
del futuro che fu
e che mai ci appartenne
come allora, è così…
Non fare quella voce.
I tuoi torrenti d’ira
mi lavano via il cuore
pietrificato grigio
testardo abbarbicato
al limo dei ricordi
che il tempo fa muschiato.
E non mi trascinare
in gorghi di parole
beffardi mulinelli
di inutile rancore.
Non sono questi i giorni
del tiepido disgelo…
Mi scoppia la testa
per quanto chiacchiera
la mia parete di destra
(se do le spalle alla finestra.)
Talmente penetrante
la voce della vicina
che mi bagna l’orecchio
di saliva in gocciolina…
Sono una contemplativa,
se voglio, nemmeno penso,
accedo al nulla estremo,
ma con lei io non ci riesco
e affogo le mie ore
in un naufragio senza remo,
di noia e di parole.
Le senti le parole della sera?
Parole che diresti nere
se non fosse per l’azzurro
di un sussurro fra le dita
che ti poso fra i capelli
e fremiti di vento fra le palme
e l’ammassarsi all’orizzonte
di speranze e grigie greggi
del ritorno del pastore
e poi giacere stanchi, noi,
rannuvolando le chimere
in cumuli di cirri e di bufere.
Guarda com’è finito
anche questo giorno!
Appesa al cielo
con un filo chiaro
soltanto una falena
trafitta dal rimpianto.
E l’ anima si sente
così vuota e vaga
perché non sa
nemmeno lei
cosa le manca.
Forse la tua foto
che promettesti
di mandare presto,
forse le tue parole,
forse solo il tempo
divorato dalle ore
mentre muore il sole…
Non è che ci diciamo
grandi cose,
anzi, certe volte
tu leggi il giornale,
io no, perché la guerra
mi fa male.
Due macchiati tutti i giorni,
il nostro angolo al bar.
Siamo molto diversi, noi due,
io salato, tu dolce.
Poi, di comune accordo,
tentiamo la sorte:
un gratta e vinci
per continuare a sognare.
È amore questo?
Non diciamo parole,
dopo chissà quanti anni…
E un tempo, fu amore?
Ma che cosa ci importa?
L’aria è fresca, serena.
Facciamo due passi
lungo il mare…
Oggi non indosserò
la primavera,
proprio
non me la sento.
Il cielo urla
parole di ghiaccio
e lega l’anima
con fili di brina.
Un cappotto pesante
è quello che metto,
dalle tasche bucate
ho perduto i ricordi,
la lana dei giorni,
le tarme del tempo…
Allora la notte è passata.
Non me l’aspettavo di sognarti.
Ancora. La tua vita che scorre
e io non so dove…
E poi queste strade del tempo
che, malgrado te, si sono incontrate.
Come se non mi avessi lasciato,
tremante, nell’ultimo prato
dell’ultima mia primavera.
Che dire? Non quelle parole!
Mi pensi? Io no, ma il mio cuore
nei sogni, ogni tanto…
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