Tramontana che mi svuoti dentro
come se il cuore avesse due porte
e tu passassi in mezzo a rapinarlo,
lasciami almeno quei quattro ricordi
e il mio breve delirio di eterno!
Tramontana che mi svuoti dentro
come se il cuore avesse due porte
e tu passassi in mezzo a rapinarlo,
lasciami almeno quei quattro ricordi
e il mio breve delirio di eterno!
Trentadue passanti
cuciti con amore,
schiena china,
la cucina,
i ricordi che
continuano
a parlare
il mio dialetto,
un battibecco,
litigavano spesso,
quelle mie donne
e anche adesso,
dall’aldilà.
Mi turo le orecchie,
la stoffa si tuffa
sotto il piedino,
non regge il dramma,
la macchina rauca,
voce del verbo oliare,
continua a gridare,
le ore che oramai
spengono il sole,
le tendine nuove…
Forse sarebbe l’ora
di scrivere per te.
Io non ho mai capito
i ritmi del destino
e apro sempre a caso
il libro dei ricordi.
Così, questa mattina,
mi sei tornato in mente,
ragazzo buono e bello,
cui non ho dato niente.
Stavamo sezionando
il Nuphar nel picciolo,
il neon che disegnava
un buio sofferente,
un gruppo di ragazzi
più o meno sui vent’anni
e tu che mi cantavi,
ma sempre sottovoce,
canzoni sui miei occhi
che io tenevo fissi
sul grumo cellulare,
così per non guardarti
e mi batteva il cuore .
Eri talmente giusto,
con il tuo sguardo chiaro,
la voce ormai da uomo,
il corpo di un efebo
ed il tuo ciuffo bruno,
l’accento genovese,
la voglia di studiare,
benché già lavorassi,
che mi ero messa in testa,
io, venere maldestra,
con gli occhi verde lago,
cieca per timidezza,
io, di non meritarti,
non essere all’altezza.
E venne quella sera,
la sera dei leoni
con i faccioni rossi
della contestazione,
che tu me lo chiedesti,
dopo l’osservazione
del fusto del Sambuco,
che dentro è tutto vuoto.
“Facciamo quattro passi?”
Guardavi con dolcezza
verso il carruggio nero,
svelando le intenzioni.
Non so cosa risposi,
ma certo non fui doce
e mai più mi cantasti,
ragazzo, la canzone.
*Verso tratto dalla canzone “Yeeeeeh” di Mal & The Primitives
Portami ancora laggiù
a dimenticarmi di me
in riva al mare.
Questa nebbia invernale
e l’amaro respiro dell’onda,
cancellando la forma,
mi faranno sparire,
niente qui resta
sulla rena sconvolta
dalla pietà delirante
del freddo maestrale.
Cammineremo le orme
dei passi passati,
calpestando ricordi,
senza poter ricordare,
compianti soltanto
dal grido dei gabbiani,
sotto il cappotto portando
la nudità del cuore stanco…
Visto di schiena
non è poi
così male
il passato,
se non altro
per l’enorme sollievo
di averlo vissuto…
Nella tasca criminale
ha un coltello
e ancora ci prova
a farmi soffrire,
ma non c’è la fa
a squarciarmi
per bene nel cuore.
Non è poi
così male
il passato,
se riesco a rubargli
almeno uno sguardo.
Ha gli occhi d’oro
dei dì tramontati
e regala ricordi.
Sapessi che rumore sgradevole
questo risanamento edilizio!
Il martello, in primis, che distrugge,
e il raspare, il grattare, zampettando
come ratti di fogna lungo le condutture
del cuore. Pare che sia necessario,
non certo per me. Stavo bene così.
Io sono in ordine, chiara, in amore,
(come le acque bianche
che la gronda raccoglie
e non sporcano il mare
da qui non lontano)
non sono un sepolcro imbiancato.
Ma se tu devi farlo, allora scava,
e non rompere almeno i ricordi,
quel che resta ancora di noi
che non è da buttare e ti è caro.
Usa il piccone, amore perduto,
ma usalo piano.
Lo so io quanto pesa sulle spalle
questo cappotto che mi trascina via
prendendo vento dalla mia tristezza,
perpetuo inverno della vita mia.
La sola cosa che so fare adesso
è camminare silente in afasia.
La strada è lunga e molto solitaria,
a quanto pare il sole è artificiale,
solo grappoli di luci senza festa
e silenzi dell’anima e del cuore,
neve del tempo, ricordi, nostalgia…
Per fortuna c’è Facebook
-per noi sei importante-
che, come una macchina del tempo,
mi ricicla i ricordi.
Inquietante.
E tu dove sei,
caro amico di un tempo,
che parlavi parole di carne?
Ho provato a chiamarti
e ti ho trovato disperso
nei tuoi vizi recenti…
E tu, mio legame di sangue,
non potresti fermare
la giostra di Alice,
mio coniglio bianco,
e scendere, per un momento,
e scoprire che il mondo
gira con un tempo diverso
che, vedrai, non ritorna?
Un giorno, per noi, sarà tardi…
Per fortuna c’è Facebook,
dove accarezzare le facce,
e la sua indiscreta finestra
dove, ogni tanto, affacciarci
e gridare all’anonimo mondo,
a tutti, a nessuno, il nostro tormento!
È stato duro
in questi giorni
spogliare la mente
dagli abiti nuziali,
mentre cadevano a terra
i ricordi dei giorni
ed un senso di morte,
vuoi per gli acari,
vuoi per la polvere,
attoscava il domani
con i petali stanchi
di sfogliate speranze…
Non fare quella voce.
I tuoi torrenti d’ira
mi lavano via il cuore
pietrificato grigio
testardo abbarbicato
al limo dei ricordi
che il tempo fa muschiato.
E non mi trascinare
in gorghi di parole
beffardi mulinelli
di inutile rancore.
Non sono questi i giorni
del tiepido disgelo…
Commenti recenti