Braccia ospedaliere
si dibattono
con i loro strani fiori
peduncolati in cannule
ovari i di coaguli
epidermici plissè
di petali. E musica
di flebo trombolitica
festini di prelievi
per orge fra cadaveri
in albe un po’ drammatiche…
Braccia ospedaliere
si dibattono
con i loro strani fiori
peduncolati in cannule
ovari i di coaguli
epidermici plissè
di petali. E musica
di flebo trombolitica
festini di prelievi
per orge fra cadaveri
in albe un po’ drammatiche…
È già l’ora
e le tende
trascolorano in rosa.
Anche le nuvole
sono petali rosa.
Dietro ai cortinaggi
pudico il cuore
nascosto
spera ancora.
Più io non distinguo
l’amabile odore
della casa che un tempo
profumava di rose.
Ora non so…
Pare un olezzo
di cimitero.
I petali di te lievi,
le vesti leggere,
i pianti, i sospiri,
i canti, i sorrisi
un vento funesto
di infetti camini
e ceneri asperse
dal crematorio
dipana in volute
e disperde nel cielo.
Io dissi:
“Finalmente le rose!”
E fu primavera,
un sospiro di vento,
la pioggia più dolce,
e la speranza,
breve a fiorire,
petali sul cuore…
Poi dissi,
affacciata alla notte:
“Come è calda
la sera!”
Ed ecco l’estate
che brucia da sola,
per l’incapacità
di commozione,
e l’aridità del cielo.
Non piove,
riarso è il giardino,
le crepe sul cuore,
il viola dell’ibiscus,
fiore da funerale…
Quando io ti davo
baci di camelia,
solo io sapevo darli,
io sola,
e tu fingevi di amarmi
e la passione si tingeva
di petali rosa,
io la credevo eternità
ed era solo primavera.
Contaminato fiore
dalla grafica incerta
più non ti appartieni,
i petali nel vento,
hai perso la tua forma,
il nome, l’esistenza.
Lasciarsi andare
come un reciso fiore,
dolcemente marcire
nel languido imbrunire
quando l’ombra
gioca con la foglia,
e la rosa si spoglia
con trepido candore
di petali macchiando
la sera e di sospiri.
Niente è per sempre,
niente che sia stato colto
ritorna in nuovo boccio
ai giorni del fiorire…
Vorrei parlare di te
quando dormi
e lo farò stamattina
presto, adesso,
quando l’equinozio
di questa primavera
e la rorida aurora
cospargono di rosa
e terra e cielo.
Tu dormi beatamente
con ostinazione d’infante
in totale abbandono
all’estasi del sogno
e se non è una qualità
questa di te, che io canto
e addirittura adoro,
almeno è una piccola cosa
che crea la tenerezza
e ricopre l’amore nostro
di petali di pesco.
È stato duro
in questi giorni
spogliare la mente
dagli abiti nuziali,
mentre cadevano a terra
i ricordi dei giorni
ed un senso di morte,
vuoi per gli acari,
vuoi per la polvere,
attoscava il domani
con i petali stanchi
di sfogliate speranze…
Un giorno la bellezza
diventa cinerina,
reclina il capo e muore.
A me succede adesso,
come a una rosa…
Raccogli i miei petali sfatti
nelle tue mani, con amore!
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