Nembifero
Orizzonte
Vela
Estenuandolo
Mattinale
Bruma
Rarefatta
Esangue
Estivalia
Rimpiangendo
Brine
Marmate
Evocano
Vane
Ombre
Notturne
Nembifero
Orizzonte
Vela
Estenuandolo
Mattinale
Bruma
Rarefatta
Esangue
Estivalia
Rimpiangendo
Brine
Marmate
Evocano
Vane
Ombre
Notturne
Partoriti da lembi di cielo
i bianchi ponti fra eterno e orizzonte,
cosicché questa terra scompare.
Sta morendo il mio ventre, qua sotto,
di strazi tardivi e dolori…
Da vero viandante, mi accampo
ad aspettare che passi il mio giorno,
come un acquerello all’inglese
di rovine e passato splendori
e le mani impietose d’autore
che tirano un telo sul mondo,
una notte o la morte, non so.
Io aspetto, tremando, un Risveglio.
Messaggio ai lettori: Per illustrare questa poesia ho “commissionato” al pittore Riccardo Scarpellini un acquerello che si ispirasse ai miei versi. È nata così con gran spontaneità e immediatezza un’opera delicata, sgorgata dalle sue dita esperte e dalla sua sensibilità poetica, opera che io giudico fra la migliori della sua vasta produzione artistica. Un grande grazie!
A chi desiderasse dare una sbirciatina agli acquerelli del troppo schivo autore, di cui è possibile, ma non facile, accedere all’acquisto, consiglio di provare a questi indirizzi:
riccardo.scarpellini@gmail.com
@riccardino45
Sommario
Regalami un giorno
per andare al mare!
Ho in mente una baia
da dove è facile partire
per quel vecchio sogno
del viaggiare.
Perché c’è il canto di sirena
del sartiame pizzicato
dal sinuoso vento,
indiscreto amante
che sa dove toccare
e le polene con i turgidi seni,
eccitate dal viaggio,
già così offerte
alle carezze d’onda
e l’orizzonte chiuso verginale,
la voglia di varcarlo,
e l’ignoto possedere.
E c’è il rimpianto del partire,
con un fiato di terra,
pungente di pino,
polveroso del verde
del lecceto con le ghiande,
che, dai polmoni entrando,
poi ti lega il cuore.
E c’è il mio corpo stanco
ancorato al tavolino
di un fondale non marino
e l’azzurro d’occhi
della cameriera
del mio bar…
E tu che mi dipingi il mondo
e siamo qua…
Ho inserito nella mia immagine una copia ridotta di un acquerello di Riccardo Scarpellini, che ritrae un particolare della piazza che si apre sulla baia. Appoggiata a un tavolino del bar, l’opera, benché micronizzata, intende essere un omaggio al suo talento e un ricordo delle ore passate a sognare insieme, proprio in quei luoghi.
Ma ti è scappato il gregge in cielo
stamattina presto presto,
mentre il tuo piccolo cane
abbaiava allegro al vento,
ebbro di sole e primavera?
La vita è un po’ bastarda
e complicata e la felicità,
io penso, una chimera
che appare a caso
quando vuole salvarci
dal morire. Ma nei momenti
rari come questo, in cui
respira il corpo con il cuore
e senti che sei tu il pastore
e che la libertà non ha confini,
non basta l’orizzonte a contenerla
né il numero finito delle ore.
Ringrazio Paolo Scarpellini per il prezioso contributo fotografico, che ha fatto volare la mia ispirazione.
Geometrie da cortile,
minimalist squalor,
stile ed eccessi
di solitudine.
Intonaci grigi,
uno squillo di giallo,
un tubo che scende
e si porta laggiù.
L’orizzonte che stenta
fra ringhiere e camini ,
mentre un cielo di nebbia
si distende lassù.
E questo silenzio
di ovatta pesante,
il mio cerchio alla testa,
santità umana
di chi presto si desta
ed è senza virtù.
Mi pare di vederti, lì affacciata,
alla finestra aperta sulla vita.
Vive la tua pelle di carezze
e il vento questa sera passerà,
alitando un soffio caldo
sulla tua bianca pelle,
il passato nel futuro muterà.
“Ancora amore, Mida, ancora
ti doneranno presto queste stelle!”
cantano i grilli dai trifogli in fiore
di buona sorte profeti e dispensieri.
Nella cornice bianca sulla notte nera
chi passa non ti vede, ma ti sente,
come un enorme battito di cuore
e forse chi ha fortuna percepisce
dei tuoi capelli biondi il timido bagliore.
Ma ti ricordi, cara Mida, questa sera,
com’era bello il nostro antico mare,
dove la notte su pattini d’argento
incideva fantastici sentieri
e scintillava di stelle l’orizzonte
e lontane danzavan le lampare?
Canta per me quella canzone vecchia,
che parla della luna e di perduti amori,
e fai la voce scura e passionale,
così ch’io ascolti e finalmente pianga
su quello che non può più ritornare.
Per me si fa labile il confine
fra la libertà, la morte e il mare
e mi fa male il vento, male i rombo
delle onde contro il cuore,
male questa voglia immensa
di fuggire il tempo verso il sole.
Ah, poter spezzare quella curva
linea viola che segna l’orizzonte
ed i confini umani del sapere!
Portami via di qua, mio amore,
non ho più voglia di pensare,
non mi calma il respiro contemplare
l’immensa assurdità del cielo
e sono così stanca di tossire…
Stormi di nubecotteri
si staccano dall’orizzonte
così pesanti
da cadere dal cielo
e bruciare al tramonto.
La speranza sarà l’ultima a morire
come gli ombrelloni chiari verdi
aperti sul terrazzo troppo stretto
affacciato sul sole della piazza.
Inventiamoci un’estate al mare,
i rumori del parcheggio sono onde
e la vela che ci porterà lontano,
ormeggiata a portata dello sguardo,
fa cantare nel libeccio alle sue drizze
la promessa del gran viaggio che faremo.
Chiudi gli occhi amore mio, fa meno male
varcare un orizzonte inesistente
che l’amara delusione del presente.
Nota: L’immagine è una mia libera elaborazione digitale di una foto di Google Earth 2017
Accorgersi un giorno
che il mondo è rotondo
è una bella sensazione
perché un fatto è saperlo
ed un fatto è vederlo
per quell’arco di curva
che un pennello di vento
ridisegna nel cielo
ed è intinto nel blu
dell’eterno universo.
Sotto, il mare sdraiato
smetterà di agitarsi,
orizzonte placato…
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