Affacciata al terrazzo
scruto il grigio omogeneo
senza sbavature di giallo
di un cielo stupefatto
dall’immobilità del vento,
già oppressa dalla notte
che fu avida di me
(mi mangiava, il materasso,
fino a fagocitarmi l’anima.)
Nell’assenza dei segni
(nemmeno un gabbiano
s’invola dai madidi tetti)
galleggio in totale naufragio
sull’ineluttabilità bastarda
del muto mio destino.
Commenti recenti