Soffoco l’ansia
disegnando la vita
con la matita
Soffoco l’ansia
disegnando la vita
con la matita
Certo che no!
Così facilmente
la notte non passa.
Deve morire filtrando
rigagnoli d’alba
dalle persiana.
E tu, viva carne
accanto al mio
tormentato fianco,
che respiri
e sussulti sognando,
ti devi svegliare.
Rinuncia a quei laghi
di sonno dorato
di sole in cui cadi
continuamente
dopo avermi chiesto
con voce impastata
se è tardi!
È tardi infinitamente
per la mia noia,
per l’ansia
che mi attanaglia,
per la notte svenata
in dolente agonia,
che sviene in deliquio
su queste pareti
di vita finita.
Stai cercando il tuo vero,
ma nel posto sbagliato
e in un tempo d’inferno.
Soffocato dall’ansia
dell’afosa calura,
percorrendo il lungarno
hai perduto anche l’ombra
la tua sola compagna.
È lo zenit spietato
a privartene adesso,
se aspettassi la sera
ce l’avresti al tuo fianco
e hai l’aura di fango,
ripescata dal fiume.
Cerca ancora le piume
e ridalle al tuo cuore
per un volo nel vento
a vestirsi di cielo.
Ferma il passo straziato
dalle piaghe terrestri
e riposa la mente
sotto i biondi capelli,
o viandante del fato.
No, non c’è una risposta
per il male e l’affanno.
Come l’acqua che passa
sotto il ponte in eterno,
tutto va, poi ritorna…
Gabbie di gabbiani appese al cielo.
Gabbie di gabbiani ammarano
sulla cresposità dell’onda.
Sono prigionieri!
Lo senti come piangono?
Il loro grido evade
la circolarità di fiamma
dell’orizzonte all’alba.
Lo senti come piangono?
Il loro grido lima
la nebbiosa finestra
del mio sonno incostante.
Sono prigioniera!
Il risveglio umiliato
dai sudori notturni
ed i polsi costretti
dentro i ceppi dell’ansia…
I polpacci formicolano
per la voglia di andare,
le braccia si spalancano
nella mimesi del volo.
Inerte agonia isometrica
la consapevolezza del Fato!
Ogni orizzonte inscatolato
da un cielo più lontano…
Lo senti come piangono?
L’infinità senza senso
ha ingabbiato i gabbiani.