La duttile facilità del verso
che si piega e fa musica
come le canne al vento,
mentre il geniale fauno,
giocando col suo flauto,
mi espande nella carne
un fluido sentimento,
donami, divina Erato,
musa d’amore e incanto!
La duttile facilità del verso
che si piega e fa musica
come le canne al vento,
mentre il geniale fauno,
giocando col suo flauto,
mi espande nella carne
un fluido sentimento,
donami, divina Erato,
musa d’amore e incanto!
Che ne sarà di me?
Voglio andare via.
Via da questa casa,
via da questa strada…
Il mio inquieto sguardo
già si libra
sopra i tetti bassi
di una città di sonno.
“E il mare?”
Non mi mancherà il mare,
né l’aria fresca azzurra
venata di vento.
Avrò i ricordi ad increspare
l’oceano salso dell’addio.
Ah! La chimera del viaggio,
orrendo uccello migratorio,
poiana del dolore
che ripete il suo verso
nel mio cielo in tempesta:
“Povera te! Povera te!”
Penetra i cupi nembi
un irridente, funerario sole
officiando lunghi raggi
di gialla punizione.
Seneca, Seneca,
che ne sarà di me?
Dietro quanti orizzonti
è celata la terra
della libertà da me stessa?
…Non esiste paese…
Ringrazio Riccardo Scarpellini per avermi “passato” questa sua vecchia, vecchia fotografia, che ho rielaborato.
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