Due rose color burro
per condire e saziare
la mia fame di bello,
spalmare un velo
di olio essenziale
sulla bianca castità
di quell’antico amore
e piangendo ricordare:
mai ci appartenemmo,
ma la passione c’era!
Due rose color burro
per condire e saziare
la mia fame di bello,
spalmare un velo
di olio essenziale
sulla bianca castità
di quell’antico amore
e piangendo ricordare:
mai ci appartenemmo,
ma la passione c’era!
Avrei preferito non vedere
fiorite le camelie per quest’anno,
così immodeste fra le foglie scure,
l’inverno intero speso a prepararsi
per questo evento della primavera.
Io non volevo poterle ricordare,
sicura com’ero di dover andare
ed ecco qui l’inverecondo spreco
di vita, di colore, di velluto opaco,
lussuria della sfida al cuor bizzoco.
Volevo lasciar qui i ricordi belli,
che fossero sfumati poco a poco
e fiori marcescenti a terra sparsi,
a piangere con me le vie del fato.
Realtà virtuale
di un tramonto digitale.
Il mio territorio
per sognare
un tavolino al bar
vicino alla vetrina
da sola a respirare,
un non luogo paritario
per parlare.
È qui che non esiste
il tempo a separare,
è qui che ancora
io ti posso pensare
in un eterno ieri
insieme a ricordare…
Milano, la mattina del venti novembre duemila quattordici
Era un’alba così.
Così contenta
di volare sopra i tetti
di Milano,
da strapparsi i vestiti
sul nero dei grattacieli
in drappi di tulle e di raso
gialli, celesti, rosati,
senza darsene pena.
La sentivi ridere
come una rugiada serena
e vedevi i suoi denti di opale,
la sua bocca di porpora
rossa
e la sentivi cantare.
Era un’alba così
su Milano,
me ne dovrò ricordare…
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