Da una sponda all’altra dell’eterno,
zigzagando un fiume infinito,
si trascinerà l’anima mia ferita,
come un Caronte buono e disperato,
cercando solo te, mio faro,
unica luce, mia sola gioia e senso
del vano premio d’essere beato.
Quel che mi piaceva veramente da bambina
era sdraiarmi perpendicolarmente all’erta
e rotolare svelta giù da un prato di collina
ridendo come pazze, io, la sorella e la cugina,
ebbra dell’abbraccio della velocità crescente
e del baluginar di sole in cielo e del profumo verde
dell’erba oppressa dal mio fiero corpicino.
Non tutto andava bene. C’erano i sassi grossi
e i rovi di confine, c’erano i lividi e i graffi,
le sgridate della mamma e i vestitini sporchi,
ma, in fondo al gioco, il premio sempre:
la voglia di rifarlo, salendo un po’ più in cima.
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