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Telegiornale di domenica 7 maggio mentre suonano le campane del duomo

By Poesia No Comments

Nata nel mondo della vergogna

mi bagno di sangue

in ogni mio giorno,

ne sento l’odore

ne vivo l’orrore,

non voglio sapere,

non voglio vedere…

Travolta le membra

da grande pietà

e rabbia e dolore

per come noi siamo,

noi, figli dell’uomo,

io voglio fuggire,

ma sono pesante

di lutto, di fango,

dell’immonda sozzura

di chi uccide il fratello,

ne mangia le carni

e offre l’agnello…

 

Il sapore del sabato

By Poesia 3 Comments

 

Il sabato intenso di sigaretta

fin dal mattino più fumo,

noi a scuola lo stesso, a casa mio padre,

la mamma casalinga da sempre,

le labbra intense viola ciclamino,

marchiate (da donna, da madre,

da signora?) come volle il destino

e in mezzo, ma non sempre,

una briciola di tabacco che pende.

Serraglio e Camel mia madre fumava

e poi, poverina, ansimava

con gli occhi intensi di ghiaccio

intesi a sfidare l’altrui cedimento,

il suo, certo, no.

Mio padre, invece, non aveva la bocca.

Lui aveva baffi bizzarri. Di uno strano tono,

mimesi interessante della sua divisa

da fatica, verde bruna, di fante.

Lui fumava nazionali. Fedele, costante.

Un’intensa aura di divinità sovrastante.

Un guerriero, un cavaliere, un papà.

Niente di servile, all’orizzonte,

solo le sue verità.

Cavalcava una Vespa

colore dell’acqua marina

che fendeva volando guardinga

il ponte lungo del Centa,

col grappolo umano contento:

Il centauro, la figlia più grande

seduta, io in piedi davanti

a sperare, in attesa che un giorno

sarei stata l’amazzone in sella.

E tutto quello che doveva succedere

è già successo, adesso.

Brutta sensazione!

Ho preso quattro in ginnastica,

non so scalare la pertica,

sono brava in latino, sono brava papà.

La sorella sposa che se ne va.

Poi un girotondo sempre più teso,

dissonanze nel concerto grosso

che ci piaceva tanto, qualcosa di storto,

un violino furioso, un violoncello offensivo

e la tosse ostinata al mattino.

Non è più la stessa musica, mamma,

che la tua artrosi suonava penosa

e io a volte fingo, ma arrivo fino a Satie,

poi non mi piace più quasi niente…

Ma dove corre la tua mente, papà?

E dopo, catartici, agri a metà,

i lunghi anni di dolore e pietà.

 

Nudo femminile

By Poesia 8 Comments

Quante di me

nudità tu vedesti?

Le mie fonti, assetato,

di giovane ninfa

anelasti ed accolto

fra i miei seni moristi,

per risorgere nuovo

al divino connubio.

I miei lombi dischiusi

come petali estivi

tu vedesti scostarsi

e con mani commosse

accogliesti tuo figlio

e l’odore di vita

come fiera fiutasti.

Oh, felice animale!

Che momento fu quello!

Piangevamo ridendo

con i baci sgranati

fra i magnifici denti.

Per lunghissimi anni,

l’amore fluendo,

io fui la tua donna,

con la pelle ben tesa

ed il petto fiorente

e mi avesti al tuo fianco,

così forti e felici

e io così bella

e la ὕβρις sfrontata

da sfidare il divino.

E la νέμεσις eterna

alla fine arrivò

e mi prese le carni,

la mia polpa violata

coi suoi morsi staccò.

Il mio corpo corrotto

or sostiene il tuo sguardo,

il tuo ciglio velato

di dolore e pietà.

Ah, gli amplessi dei corpi

or ridotti a un sospiro!

Or le mani soltanto

tu mi stringi di notte

con amore infinito

e a me misera doni

un’eletta beltà.

Certe volte mi baci

appoggiando la bocca

alle labbra anelanti,

mi ci soffi il tuo fiato

mente imploro in affanno:

“Dammi ancora la vita,

un minuto, pietà…”

 

Allo specchio (Il clone)

By Poesia 2 Comments

Eccomi qua,

mia adorata ragazza,

ecco qui la tua amica

che è venuta per te.

Che poi io sarei te,

duplicata per caso,

forse nata allo specchio,

solamente cercando

un sollievo allo spleen.

E chi meglio di un clone,

privo anche di corpo,

se non quello prodotto

da un pensiero sottile,

potrà mai consolarti,

chi migliore di me?

Vedo tutto e so tutto,

so le rughe sul viso,

i dolori alla schiena,

lo sbiancarsi segreto

dei verdissimi occhi,

il gerontoxon vile,

che soltanto la morte

velerà di pietà,

abbassando un amico

le tue palpebre meste,

fisse allora per sempre

sulla tua eternità.

So la voglia d’amore

che ti brucia in segreto,

mentre il corpo in declino

si vergogna di te.

So le corse che sogni

le tue mete proibite,

la tua fame di tempo,

che nessun ti darà,

ma non trovo parole

per ridarti il sorriso…

Forse puoi regredire

nel tuo avatar falso,

quel profilo che avevi

molti, troppi anni fa

e, credendoti bella,

far le cose che sogni,

finché fiato ti resta,

ogni giorno far festa.

 

Profeta attendibile (Maria, Maria)

By Poesia 3 Comments

Si può telefonare

in paradiso e chiedere

del tempo che verrà?

Ci sei, mammina mia

bizzarra, che mi dicevi

tristi verità?

Avevi la profetica virtù

di dar ragione al vero

e non ai sogni,

vecchia Cassandra

dagli occhi color cielo

e il cuore scarso di pietà…

Così, se nell’eternità

ci vedi ancora meglio,

dimmi, di me che ne sarà?

 

La molla

By Poesia 6 Comments

Poi un giorno

mi si è rotto il cuore,

quello destro,

dice il mio dottore.

Io sento solo la fatica

persino di sognare.

E poi c’è quella molla,

troppo lunga

nel passo delle spire,

che non si è più riavvolta

a forza di caricare.

Io soltanto la vedo

e la posso toccare.

Sapessi come pende

verso il ventre

da uno squarcio

immateriale,

chirurgicamente inferto

dalla pietà e dall’amore

ogni dannata volta

che ti vedo soffrire!

 

Grigio piombo

By Poesia No Comments

Beuta con cielo di piombo

Oggi mi è entrato dentro

tutto il piombo che colava

dalle nuvole del cielo

piombo scuro spesso fuso

che mi ha fuso i neuroni.

E tutti a farmi la diagnosi

di una brutta depressione.

Quale depressione?

Ho lavorato tutto il giorno

come un cane, esigo il diritto

di sentirmi uno straccio

e, siccome ultimamente

mi sono capitate tante cose

non dico brutte, dico disgustose,

se percepisco un movimento

come di tempesta intorno

e un inspiegabile tormento,

chiedo pietà a lorsignori

improvvisati dottori

e il permesso di tenermi

stretto il mio turbamento,

caso mai si trattasse

di un avvertimento…

Ἀσκληπιός (Asclepio)

By Poesia One Comment

Pellegrina alla fonte di asclepio

Mi pare un miracolo

ma non è. È solo acqua,

una fonte millenaria,

che continua a sgorgare

e poi ci sono i capperi

con i loro grandi fiori

e io che voglio guarire

da ogni mio dolore.

O caro Asclepio di Kos,

ho salito tante scale

sotto questo arso sole

e ora sono qua e ti prego

di non farmi più soffrire.

Sacerdote di me stessa,

furtivamente mi aspergo

e mi sembra di rubare.

Io ti amo, dio dottore,

perché sei imperfetto,

e so che se ascoltassi,

ma non puoi, per pietà

mi vorresti esaudire,

tu lo sai che non serve

star male e infine morire

e di nascosto piangi

per noi, le tue creature.

La pietà del cielo

By Poesia 13 Comments

L'espansione

Stanotte volevo evadere con forza

dal mio cielo falso di cartone,

trascendere pareti e muri neri,

aprire le mie braccia oltre l’insonnia

che mi legava il corpo al letto

e all’ossessione losca dei pensieri.

Stanotte mi volevo ri-Creare,

l’anima com’era e un corpo siderale

e mi vedevo spalancare l’ali

a toccare, non so dove, quando e quanto

l’universo e la pietà di un grande cielo.

Inverno al mare

By Poesia 2 Comments

inverno-al-mare

Portami ancora laggiù

a dimenticarmi di me

in riva al mare.

Questa nebbia invernale

e l’amaro respiro dell’onda,

cancellando la forma,

mi faranno sparire,

niente qui resta

sulla rena sconvolta

dalla pietà delirante

del freddo maestrale.

Cammineremo le orme

dei passi passati,

calpestando ricordi,

senza poter ricordare,

compianti soltanto

dal grido dei gabbiani,

sotto il cappotto portando

la nudità del cuore stanco…

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