La città alitava
fiati di neve,
la sentivamo fioca
da dentro la casa.
Già sapevamo,
ma volemmo, indiscreti,
vedere.
Con bocche di persiane
gustammo
il bianco spesso del cielo
e la notte, lì,
liquefatta, discinta,
le vesti slacciate,
sorprendemmo
con gli occhi gialli
dei lampioni
e le carezze arancioni
lascive del parcheggio
deserto (il bar era chiuso.)
Poi ritornammo a letto
contenti
La speranza sarà l’ultima a morire
come gli ombrelloni chiari verdi
aperti sul terrazzo troppo stretto
affacciato sul sole della piazza.
Inventiamoci un’estate al mare,
i rumori del parcheggio sono onde
e la vela che ci porterà lontano,
ormeggiata a portata dello sguardo,
fa cantare nel libeccio alle sue drizze
la promessa del gran viaggio che faremo.
Chiudi gli occhi amore mio, fa meno male
varcare un orizzonte inesistente
che l’amara delusione del presente.
Nota: L’immagine è una mia libera elaborazione digitale di una foto di Google Earth 2017
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