Perfido, perfido sole
che ti sveli così, nella gloria,
dopo un giorno di buio,
primo ed ultimo sole,
vero sangue reale,
che mi ferisci negli occhi
punendo la voglia mortale:
Guardarti senza adorare.
Perfido, perfido sole
che ti sveli così, nella gloria,
dopo un giorno di buio,
primo ed ultimo sole,
vero sangue reale,
che mi ferisci negli occhi
punendo la voglia mortale:
Guardarti senza adorare.
Stanotte ho sognato un sabba
in un posto che conosco
e che non dico.
Io ci sono andata,
in ciabatte,
io mortale, senza invito
per spiare.
C’erano streghe
brutte e belle
tutte avevano il cappello
nero, e che cappello!
Una parlava
e istruiva le altre.
C’erano asini e cani
i cani a mancina,
gli asini a destra,
tutti a zampe giunte,
comandati a pregare.
Poi me ne volevo andare,
ma una turba
di giovani accoliti
mi faceva ressa
e non mi lasciava passare
e diavoli infanti
mi si avvinghiavano
alle gambe stanche
e io li staccavo
e si squartavano in pezzi,
forse per rabbia,
o per punizione.
Prova e riprova,
sono fuggita,
mi sono svegliata
e ero tutta sudata.
Che ci fosse
una musica energetica
dell’universo,
come gli dei,
già lo sapevo.
Come gli dei,
la sentivo
col corpo
e col cuore
ed essendo mortale
quasi ne morivo.
Già da tempo
col loro linguaggio
la nominavo
e, quasi morendo,
io la cantavo.
Musica estrema,
spartito grande
di ogni evento ,
di tutto l’amore,
fin dal primo
atto creativo,
ma anche
di ogni morte,
arpeggio
e battimento
di ogni violenta
carezza con cui
ciò che è
fu concepito,
di ogni lacerante
grido materno
per la nascita
o morte di un figlio.
Mai sarà dato
conoscerla intera
fino al giorno
del compimento
e della riunione,
quando il Tutto
ritornerà in se stesso
mai morendo.
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