Basta
pochissima luna
e le pietre del fiume
brillano al buio,
pallide stelle,
e, come in cielo,
per la carezza
dell’acqua,
tremano piano.
Così non fu per noi,
mio amore lontano,
non c’era
nel grembo nero
dell’ultima notte
nemmeno una luce
per farti tornare,
eppure rimasi,
rimasi per anni,
ferma col cuore
sull’inutile sponda
ad aspettare,
né fu lanterna
la speranza, né faro
il mio pensiero,
né la mia voce
lucciola estiva,
che continuava,
pulsando sul ritmo
del sangue agitato,
il tuo caro nome
a invocare.
E qui non si va avanti,
la primavera stenta tanto,
c’è chi ulula alla luna,
io le latro ogni notte
la mia ostinata tosse,
ossa rotte, stagnazione,
piccole stelle di latta
cielo grigio di cartone.
Galoppando furiosa
sull’urlo del vento
sgominai della notte
fantasmi e dolori.
Con fendenti di luna
squarciandole i seni,
sciami di stelle
ne feci sgorgare,
e, molto più tardi,
fiotti d’aurora…
E poi la luna certe notti
mi rapisce il cuore
fingendosi una barca
che mi culla in cielo
e mi tornano in mente
le lampare
pulsanti come stelle
dentro il nero mare
e la mia mano, padre caro,
che si perdeva nella tua
e la notte ci avvolgeva,
ma non avevo mai paura…
di bruma s’è vestita
va sposa al cielo
Nella foto: il profilo di luna che si è offerto ieri sera ai miei occhi stupiti e all’ obiettivo del telefonino.
Quando la notte bruna
correva sulle dune
destando bianchi gigli,
ci componeva il vento
canzoni di sabbia
e sopra il quieto mare
cantava la luna.
Erano così vicini
i corpi nell’amore,
nude per trasparenza
le anime svelate
a galoppare i sogni
su un unico destriero.
Nulla fu più sincero,
più puro, più perfetto,
stupore delle stelle
che piansero splendore
Correvo sulla riva,
quasi spezzando
pozzanghere di luna e mare
e tu, reso inquieto
dal mio sparire,
nascosto dietro la tua enorme
maschera di gatto,
solo con gli occhi
mi sorridevi.
Oh, ti piaceva sentire col corpo
l’umido della sabbia,
come un animale.
Non volevi nemmeno
fare all’amore.
Quieto, mi accarezzavi i capelli,
che io portavo lunghi,
fino a farmi star male
e ti piaceva rinunciare.
A volte, anche il tuo desiderio
si metteva a gridare,
quasi spiacevole,
come un animale,
e solo allora, più che mai gatto,
anche nel corpo piatto,
accettavi il mio amore.
L’unica tua passione vera:
Corteggiare la morte da vicino
ed imitarla,
fino a dormire, per prova,
sulla spiaggia nuda,
coperto solo
dal vento della sera.
Bianca colomba mia,
fatta di latte, carne, vento e luna,
l’amore, loto estremo
di queste vite disperate, disilluse,
sta nascendo sul mio lago
che sorvoli.
E trema. E teme e spera
la carezza di una piuma.
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