Non ho più tempo per niente
e allora faccio festa,
cavalco la mia bestia
selvaggia e guerriera
e respiro la sera
che esce esalata
dalle froge anelanti
della mia cavalcatura
e finalmente io grido
così, per cantare la rabbia
e, perché no, la paura,
che disegna ad oriente
il colore infocato
di un’ alba inesistente.
Invece è già notte
e cola dai tetti liquame
di fogna, fango di sugna,
destino soccombente
di un’umanità morente
che non può proprio niente
contro il vero vincente,
un embrione di vita
con tanto potere generante,
forse meno di un prione,
ma molto più di un regnante…
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