nudità tu vedesti?
Le mie fonti, assetato,
di giovane ninfa
anelasti ed accolto
fra i miei seni moristi,
per risorgere nuovo
al divino connubio.
I miei lombi dischiusi
come petali estivi
tu vedesti scostarsi
e con mani commosse
accogliesti tuo figlio
e l’odore di vita
come fiera fiutasti.
Oh, felice animale!
Che momento fu quello!
Piangevamo ridendo
con i baci sgranati
fra i magnifici denti.
Per lunghissimi anni,
l’amore fluendo,
io fui la tua donna,
con la pelle ben tesa
ed il petto fiorente
e mi avesti al tuo fianco,
così forti e felici
e io così bella
e la ὕβρις sfrontata
da sfidare il divino.
E la νέμεσις eterna
alla fine arrivò
e mi prese le carni,
la mia polpa violata
coi suoi morsi staccò.
Il mio corpo corrotto
or sostiene il tuo sguardo,
il tuo ciglio velato
di dolore e pietà.
Ah, gli amplessi dei corpi
or ridotti a un sospiro!
Or le mani soltanto
tu mi stringi di notte
con amore infinito
e a me misera doni
un’eletta beltà.
Certe volte mi baci
appoggiando la bocca
alle labbra anelanti,
mi ci soffi il tuo fiato
mente imploro in affanno:
“Dammi ancora la vita,
un minuto, pietà…”
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