E poi ti accorgi
della falsità del tuo cielo,
è solo un tendone da circo
con un piccolo buco lassù,
da dove sbuca quello vero.
E ti scoppia la rabbia
della gabbia. Povero illuso!
Trapezista professionista,
sempre lì a spenzolare,
per tradizione familiare,
a essere dolce e paziente
e non te ne importa niente,
tu che non volevi essere
buono, almeno non sempre.
E ti metti a gridare
fingendo uno strappo
muscolare. Meglio fare il leone,
ruggire, ruggire fieramente
e, quando la fame ti molesta,
sbranare il domatore con la frusta.
E all’ improvviso capisci
la giovane stella circense,
la bionda, freddissima Alice
delle meravigli più grandi,
che fa sempre ogni cosa
per dimostrare di essere brava
e compiacente. Ma soddisfa
la sua segreta voglia di morte
con le acrobazie più spietate,
senza rete, naturalmente.
Due rose color burro
per condire e saziare
la mia fame di bello,
spalmare un velo
di olio essenziale
sulla bianca castità
di quell’antico amore
e piangendo ricordare:
mai ci appartenemmo,
ma la passione c’era!
Sono sfatte le balle di fieno
-e satollo riposa il bovino-
siede stanco il pastor settembrino,
tutto il latte già bolle nei rame
e tu china sul fuoco serale
mostri il fianco voglioso d’amore
al tuo uomo che ha fame di te.
Hai visto, tu, nostromo,
com’è passato luglio,
con tutti quei progetti
da ricondurre in porto
fendendo il mare piatto
dell’afa cittadina
nel sole color rame
ed il sargasso infido
di certe ostilità?
Qualcosa è sistemato
qualcosa ancor manca,
noi misuriamo il tempo
sulle provviste d’acqua
e sulla resistenza
a fame, caldo e sete,
poi, verso settembre,
il vento muterà…
Al mattino della vita
avevo fame.
Aprivo la bocca
e mangiavo di tutto.
E così, senza volerlo,
sono diventata buona…
Non ho più
nessuna ispirazione.
Io prima ci mettevo tutto,
sangue, fantasia e la follia
che poi regolarmente
mi veniva rimproverata
e, come i bravi commedianti,
tanta improvvisazione.
Guitto d’eccezione, io, la vita
me la inventavo
sul ritmo del respiro
e cercavo di saziare
la fame d’amore.
Non mi chiedere adesso,
insano fruitore
del mondo che appare,
dove tutto è così saggio
e corretto, di provarci
di nuovo. Con regole tue.
Non ho più ispirazione.
Voce del verbo bannare
Io ti vorrei bandire dal mio cuore,
ma oggi si dice bannare.
Sono passati tanti anni
da quello che credevo amore,
tanti che non ricordo
se valesse la pena
di piangere per te.
Io sono un’anima bianca,
sempre che l’anima esista,
che io ne abbia una
e che abbia un (non) colore.
Innocente fino a essere scema,
la mia anima ha una bocca stupita,
sempre che ne abbia una.
La mia anima non ti banna,
sempre che io ne abbia una.
La mia anima salva le briciole
di un sospetto d’amore
per quella fame che la sera l’assale
quando si accorge di essere sola.
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