Lo spartiacque del giorno
è il corridoio.
Mi alzo presto, la mattina.
Oggi, ora legale.
Vado in cucina, c’è buio,
ma, al di là del lungo crinale,
nel piccolo studio,
già è sorto un bel sole.
Lo spartiacque del giorno
è il corridoio.
Mi alzo presto, la mattina.
Oggi, ora legale.
Vado in cucina, c’è buio,
ma, al di là del lungo crinale,
nel piccolo studio,
già è sorto un bel sole.
Questa mattina,
vidi la morte
nel corridoio,
nel corridoio
della mia casa.
Proprio là in fondo
c’era la morte,
c’era la morte
seduta sul trono.
Con le sue vesti
sovrabbondanti,
fatte di lembi
di vesti dei morti.
Più nera del nero
dell’alba d’inverno,
vidi la morte
e la vidi in trionfo.
Per andare in cucina
a farmi il caffè
avrei dovuto
passarle accanto.
Mi era parsa benigna,
e priva di fretta,
come chi viene
e poi se ne va,
ma era la morte,
la morte sul trono.
Non troppo impaurita,
mi mantenni prudente.
Tornai a letto
e adesso son qua,
piuttosto contenta
di raccontarlo.
C’era la morte
e poi se ne andò.
C’era la morte
nel corridoio,
c’era la morte
seduta sul trono.
Vidi brillare
nel portaombrelli
della sua falce
la grande lama.
Nel portaombrelli
a forma di scarpa
vidi brillare
la grande lama.
C’era la morte,
seduta sul trono
nel corridoio
della mia casa.
C’eran la morte,
La falce, la lama…
Recò un avviso
la morte cortese,
la morte senz’arma,
seduta in maestà.
Or se n’è andata,
ma un dì tornerà,
brandirà la sua falce
e mi ucciderà.
Ancora una volta
esplode il sole.
Cola il soffitto
del corridoio,
muore il suo grigio
in questo tramonto.
Luce furtiva
che dura un secondo,
grande la gioia
per questo mio istante,
dove la gloria
si rappresenta.
So come ti senti.
Stai come me quando sogno,
o come Alice,
ma in un altro paese.
Questo continuo andare
da un posto all’altro
senza capire dove siamo,
di corridoio in corridoio,
o per le scale,
quando le scale non ci sono…
Con la mente che oscilla
come fosse una molla,
o una palla che salta
e poi si incolla in alto,
senza rimbalzare.
Anche del corpo
non ci si può fidare:
A volte è lungo e stretto,
a volte corto e molle,
tutto trafitto dal dolore,
che però serve per capire
dov’è la mano e dove il piede
e continuiamo a camminare…
Sento parlare la sera
parole di campane
e le pareti altrui
giocare coi bambini.
Il buio mangia
il corridoio scuro
la casa già scompare.
Solo questa stanza
mi appartiene. Come la vita,
un breve spazio in luce
che rimane.
È come se
fossi rimasta
nel lungo corridoio
di graniglia
a cavalcare
il mio cavallo,
un baio,
sulle praterie
che non avevo
visto mai.
In quel tempo
ero un cow-boy…
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