Più io non distinguo
l’amabile odore
della casa che un tempo
profumava di rose.
Ora non so…
Pare un olezzo
di cimitero.
I petali di te lievi,
le vesti leggere,
i pianti, i sospiri,
i canti, i sorrisi
un vento funesto
di infetti camini
e ceneri asperse
dal crematorio
dipana in volute
e disperde nel cielo.
Quassù ad Albany
il rumore della neve
non è cambiato,
or è cent’anni.
Ascolta, amore,
volessi ritornare,
mi trovi al cimitero
ad aspettare.
L’immagine, Albany Rural Cemetery (Menands) è una foto tratta da Trip Advisor, da me reinterpretata digitalmente in chiave invernale.
Chissà mio padre
e la mia mamma,
quattr’ossa ben esposte
all’anemia del sole
d’autunno boreale…
e poi percuoterà l’inverno
adunco coi suoi rami
inquieti rap tombali
e urla sui crinali,
suicidi collinari,
chissà se parleranno
del nostro assente amore
le vesti da fantoccio
per sempre sull’attenti
e noi così lontane
perdute dentro i tempi
ballando senza freni
la giava secolare…
I gioielli falsi di vetro
che speravano gloria
nel capodanno almeno,
dalle vetrine del tabaccaio
brillano tristi al neon.
Triste l’abete ancora acceso
si sporge da un balcone,
la casa buia dietro.
Triste s’affaccia il cimitero
che fiorisce di lumini
lungo la strada verso casa,
lì, dove la rotatoria snoda
la nostra lenta attesa,
ma siamo ancora vivi.
Abbiate pietà
della disperazione,
fate cattive
del destino,
che ad ogni gioia
mescolate sale,
acqua di pianto,
terra di cimitero.
Se il gabbiano
le al s’é spezzate,
lasciategli almeno
la notte per sognare…
Lunedì
umido plastica
guardo la lavagnetta
nella cucina vuota.
Che brutto se c’è vento
e la plastica vola
su e giù per tutto il campo:
bottiglie sopra il grano.
Estetici stormi
di rondini nere
solcano il latteo cielo
intorno alla tua chiesa.
Marta, adorata Marta
adesso dove sei?
Martedì
vetro alluminio
ho rotto sei bicchieri
mi son ferito un dito
e poi mangio da solo.
Penny sta poco bene
Minù sta dimagrendo,
ci manchi, Marta, amore!
Mercoledì
pattume normale
che qui si chiama il secco,
come il mio amico Fabio.
Domani c’è un incontro
del sindaco neoeletto
con tutti i cittadini.
Io credo che non vado.
Notizie non ne dai
non è normale!
Giovedì
niente pattume.
La vita mi trapassa,
scivola via di dosso
come se fosse acqua
ed io l’impermeabile.
Il rumore del frigo
trafigge il silenzio
perfetto della sera.
Dobbiamo cambiarlo.
L’unica cosa
che io so fare, adesso
è portare giù il pattume
ed è molto importante
perché d’estate puzza.
Una sera ho scordato
l’umido e la mattina
prima di andare a lavorare
son corso dietro al camion
col sacchetto di mais
colante. Che sozzura!
La rosa della corte
è ancora più fiorita.
Il ciliegio è uno splendore.
Il grano già biondeggia…
Perché non torni, amore?
Perderai la mietitura!
Venerdì
carta e umido.
Speriamo che non piova!
I giornali diventano
poltiglia grigio scura
anche il cartone è brutto
perde la forma in mano
e diventa molle molle.
Poveri spazzini,
io dico…che mestiere!
Sabato
niente pattume.
Penny ha scovato
le tue ciabatte rosa
con il leone e i fiori
le guarda e poi guaisce,
lo sai che non ti trova?
Marta, se pensi di passare
non chiedo che tu salga…
guarda verso il balcone.
Il gelsomino è cresciuto,
ha coperto tutto il muro
e profuma da morire,
da levare il respiro.
Dove sei, Marta, mio amore?
Ah, la bellezza sublime
dell’anima immortale!
Chiacchiere da preti.
Ti voglio nel mio letto
mi manca la tua pelle
e il suo profumo, amore.
Domenica
niente pattume
niente da fare.
Solo la passeggiata,
da casa al cimitero.
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