Mi piacerebbe da pazzi
lavarmi i capelli
e poi farmi bella
in pochi minuti,
nascosta nel bagno
e aprire le ali
e le mie meraviglie
spargendo dovunque
uscire e volare!
Mi piacerebbe da pazzi
lavarmi i capelli
e poi farmi bella
in pochi minuti,
nascosta nel bagno
e aprire le ali
e le mie meraviglie
spargendo dovunque
uscire e volare!
Mi ucciderei
per non sentirmi morire.
E anche vedermi
non è molto bello:
Sto perdendo i capelli
e dallo specchio il mio sguardo
mi guarda così sconsolato…
Mi sto deludendo, ridotta
a un grosso sacco di ossa
molto scoordinate.
A volte mi trucco
per coprire il mio lutto
e faccio sempre più fatica
a velare questa mia face
fatuamente cimiteriale.
Mi son comprata
un cappottino azzurro
perché d’inverno Il cielo è grigio,
ma questa notte mi domando
se avrò il piacere di indossarlo
e cerco di avocare il mio respiro
a me, perché mi tenga in vita
e lasci strada ai passi veri
e non soltanto a sogni solitari.
Intanto il vento piange e urla,
forse si strappa gli ultimi capelli
e il gorgogliatore parla strano
e a me, pezzo per pezzo,
parte via malato il cuore
e chi mi dorme accanto
è corpo caldo e assai lontano.
I miei chiari capelli
sono molto più sani,
scendon folti e setosi
sulle spalle incurvate
da trascorsi tediosi
e le unghie graziose
mi ricrescono a vista
sulle dita invecchiate
da passaggi di artrosi,
la mia pelle si tende,
si fa liscia e sottile,
io mi guardo allo specchio
e la ruga non c’è,
ma il respiro si affanna
e l’ossigeno arriva
a nutrire i polmoni.
Poi si attarda a far belle
altre parti di me.
Nel caso non lo aveste mai incontrato, vi presento Ugo, l’avventuroso pesciolino che nuotava nel mio presepio subacqueo di qualche Natale fa. Ma come farà a cacciarsi in acquari così particolari?
Intrappolata fra le tue forti braccia
giaccio supina
senza poter dormire,
persa in un sogno
che sa di castagnaccio
e fili di lana bianca
fra i miei capelli mossi.
Ho i fianchi larghi,
la pelle tesa e secca,
sono una donna finalmente,
forse m’è nato un gatto,
un cane, o un tiepido pulcino
mentre mi ride dentro forte
la storia di un bambino.
E l’impiantito dei sogni
mi scorre sotto i piedi
così gentile, denso e lento…
A te non lo racconto,
che tanto non capisci.
Lo dico alle finestre,
a questi muri chiusi,
all’antro delle notti,
graffite dalle fiere
di demoni mentali.
Io sono molto triste,
dagli alluci ai capelli,
nelle anse intestinali,
negli atri e nelle arterie,
in vene e capillari,
nelle orecchiette e reni,
nei bronchi e nei polmoni,
nelle mie proteine,
nei miei tessuti tutti,
nel vortice incessante
del trend molecolare,
nel codice genetico
che rischia di sbagliare.
Io sono un animale
che fiuta un grande male
però non trova tane,
né strade per scappare,
essendo il suo nemico
del tutto senza odore,
più piccolo di un seme,
del polline di un tiglio
più zitto della morte,
che tanto è il suo compare.
Quando passi dalle mie parti,
porta una cesta come il giovane Bacco,
mele, fichi, uva e melagrana,
orna i capelli con la tua giovinezza
intreccia ai pampini raggi di sole,
inebria le gote di un dolce rossore
e reca il vino per scaldarmi le ossa.
Per me è già dicembre, caro ragazzo,
la fine dell’anno bussa alla porta,
per te, le tue risa e i tuoi neri capelli
è piena estate e il luglio promette
l’amore e le messi e mazzi di fiori.
Portami in dono quella canestra,
così che mi giunga un’eco di gioia,
spartisci con me il tuo calice ebbro
che già nella mano incerto ti trema
così che io trovi nel limo del fondo
almeno il ricordo della mia gran bellezza.
Colpi di luna
sui miei capelli chiari,
tu che mi menti:
“Sei sempre più bionda!”
Io ti rispondo:
“Sarà questo sole…”
passeggiando, noi due,
sul viale delle acacie,
freddo per la stagione.
Il tempo, intanto,
ci ghermisce
come foglie morte.
Equilibrio perfetto
fra il vuoto che ho dentro
e questo bel tempo.
Nessun flusso o riflesso
della psiche allo specchio
solo una figura illusa
di una tridimensionalità
che invece non ha.
Mi lavo i capelli
però non li asciugo
ed ecco che spunta
la mia anima annodata,
tormenti ritorti
di ciocche sottili,
sarebbero boccoli
se avessero un nesso,
però basta questo
per darmi più senso,
quasi inseguendo
la libertà.
Straziata a lungo,
direi cardata,
da punte a uncino
di molti dolori,
come nei cardi
dei lanaioli,
sono più bella
di una sirena…
Almeno i capelli
sono sgarzati
e insieme a loro
tutti i pensieri…
Ma mi esce la gioia
senza ragione
da un buco nel cuore,
un’ emorragia
di compensazione
per quest’ultime ore
che furono lievi
e mi si trasfonde
un gelo nel sangue,
è solo paura
o premonizione?
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