Per camminare
ho il mio bastone.
Per correre,
come una spyder rossa,
il deambulatore.
Pensavo di odiarli,
invece molto li amo.
Così sono a posto
e parlo di libertà
col cuore sereno.
Per camminare
ho il mio bastone.
Per correre,
come una spyder rossa,
il deambulatore.
Pensavo di odiarli,
invece molto li amo.
Così sono a posto
e parlo di libertà
col cuore sereno.
So come ti senti.
Stai come me quando sogno,
o come Alice,
ma in un altro paese.
Questo continuo andare
da un posto all’altro
senza capire dove siamo,
di corridoio in corridoio,
o per le scale,
quando le scale non ci sono…
Con la mente che oscilla
come fosse una molla,
o una palla che salta
e poi si incolla in alto,
senza rimbalzare.
Anche del corpo
non ci si può fidare:
A volte è lungo e stretto,
a volte corto e molle,
tutto trafitto dal dolore,
che però serve per capire
dov’è la mano e dove il piede
e continuiamo a camminare…
È domenica di sabato,
che strano effetto fa!
Molto silenzio è sceso
sopra la mia città,
giro le strade a vuoto,
priva d’identità.
Vorrei tornare indietro
e ritrovarmi qua,
con le speranze intatte
di tanto tempo fa…
La gente che scorreva,
fiume di umanità,
con i vestiti grandi,
le maniche abbondanti,
sembrava che aspettasse
soltanto il vento buono
per spalancar le braccia
e mettersi a volare.
E poi comprava tutto,
come si fa a Natale.
Bei tempi o tempi illusi?
Continuo a camminare…
Il sei di maggio
camminavamo ancora a Tirrenia
e il mio corpo infranto
ogni tanto taceva.
Campanelle di acacia
appese alle corde dei rami
tintinnavano promesse
e lievità di dolci odori.
Come spesso mi accade,
mi sentivo svenire
per la vastità del cielo
e per la voglia rinata di sperare…
Vorrei che fosse fermo
questo orologio vecchio,
indietro, da buttare,
fermo ad un momento,
deformi le lancette
a catturare il tempo
e il primo bacio eterno,
ma lui continua a andare,
e intrappola i capelli
ai suoi dannati denti
per farmi camminare
e suona le mie ore…
Fugge il pensiero, almeno,
si tuffa dentro il mare
dove tramonta il sole,
lo vuole ripescare
e guadagnare un giorno,
dall’ovest del tramonto
all’est di un sogno spento
e farlo ritornare.
Lo so io quanto pesa sulle spalle
questo cappotto che mi trascina via
prendendo vento dalla mia tristezza,
perpetuo inverno della vita mia.
La sola cosa che so fare adesso
è camminare silente in afasia.
La strada è lunga e molto solitaria,
a quanto pare il sole è artificiale,
solo grappoli di luci senza festa
e silenzi dell’anima e del cuore,
neve del tempo, ricordi, nostalgia…
Un giorno così
quando tutto il cielo
ti cade sulle spalle
e ti atterra
e cammini
senza gambe
perché sono sprofondate
sotto terra
e un attimo prima
stoltamente
tu cantavi…
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