Mare vinoso mare,
diceva bene Omero,
quel vino spesso e brusco
che poi non vedi il fondo
e affoghi nel bicchiere.
Bere vorrei il colore,
quando io penso al blu
e invece è quasi nero
col porpora e coll’oro.
Chissà com’è il sapore…
Di sangue, vita e amore
e questa ostinazione
del nascere e morire
…Intanto si fa sera.
Uno sguardo al bicchiere
dove l’acqua per la notte
stagna piena dei miei sogni…
L’alba s’ affaccia lentamente
alla finestra lacrimosa. Piove…
Luce non trova per entrare
e la mia sete di vita colorare
di rosa.
Un aperitivo virtuoso
analcolico alla frutta
per mettermi al riparo
dal barman spiritoso
che si diverte tanto
a tagliarmi le gambe
senza nemmeno lame.
E mi arriva la cosa
al tavolino. Un’acqua verde,
torbida parecchio,
dal sapore medicale,
ma accattivante
come un tranquillante
in gocce, però in bicchiere.
Due cannucce nere.
Devo proprio bere.
Più in basso, annegato,
ma animato, si muove
uno sgraziato pezzo
di lime molto amaro
che, ad ogni sorso,
diffonde più veleno.
Forte suggo la consolazione
drenando dal fondo
uno spesso strato
di zucchero di canna.
E poi la punizione:
A bevuta finita,
mi ritrovo la lingua ustionata
dal pepe di Cayenna,
ma, se è peperoncino,
me lo dirà l’intestino.
La cameriera sparecchia
che non ho ancora finito
di ritrarre il bicchiere,
manie da pittore
senza saper disegnare…
Poi arrivi tu,
amico mio sincero,
col ciuffo di capelli nero,
gli occhiali da mistero
e il sorriso disarmante.
E smetto di pensare
a quanta simmetria
c’è fra il beverone verde
e questa vita mia.
Amore mio, da dentro,
da oltre il mio bicchiere,
sento il vento fischiare.
Non ho per niente freddo,
tocco persino il mare
mentre accarezzo il cielo,
sul tavolino nero
di questo bar leggero
con l’occhio così grande
che sembra di viaggiare.
Ma questa primavera
non basta a riscaldare
e mancano le vele
al sogno di partire.
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