Lui è tornato,
il trombettista stonato
di besame mucho,
e ha ampliato il repertorio,
dopo un mese e passa
in cui era sparito.
Suona all’angolo di casa mia,
stasera a quest’ora,
che, col fuso orario
di questa mia città
indolente da sempre,
è l’ora dell’aperitivo
e non ci sono santi.
Chi allatta, allatta al bar
e c’è un asilo nido
sotto il tendone rosso
al freddo di novembre
ed è pure strappato.
Come il musicista
sgangherato
rattoppa brani alla rinfusa,
pescando fra i buchi
della memoria ubriaca,
così fa l’anima guasta
e cerca nel passato
qualcosa di diverso
dal dolore
e non lo trova.
E suona quasi a morto
la campana della chiesa,
ma non potrebbe
adeguarsi, dico io,
a questa nostra volontà
disperata di sperare,
adeguarsi al nostro ritmo
e festeggiare?
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