Skip to main content

Com’è difficile cantare…

By Poesia No Comments

Quando sognavo l’Islanda,

ispirata dal ghiaccio e dal fuoco,

ero soprano e usignolo

ricamando spartiti di note

così alte da far sanguinare

i più puri, rompendogli il cuore,

morire felici, rinascere ancora…

Ma ora, che il nulla ci incalza,

oscurando ogni giorno il futuro,

ora, che Dio c’è lontano,

e la mente fatica a adorarlo

e a crederlo il buono fra i buoni,

or che il ruscello è palude

e marciscono  fiori di neve

sotto i passi  incerti, smarriti

di un primavera di tisi,

ora che le messi future,

abbattute a colpi di falce

reclinano i capi delusi,

lontani da padre e da madre,

rapinati di ciò che era certo,

giovinezza, vita, bellezza,

senza conoscere amore

e papaveri e risa e l’estate,

ora non canto, non spero, non rido,

soltanto aspetto e sospiro.

Oh, com’è lontana l’Islanda,

com’è lontano il bel canto,

or che non posso sognare!

 

Alice

By Poesia No Comments

Alice

Muta il mio tempo

come a primavera.

Io non prometto

né giuro, ma spero.

Spero di amarti

anche domani,

io sono pioggia

e arcobaleno,

tu sei il mio sole,

riporti il sereno…

Acqua alta (descrizione di un sogno)

By Poesia 8 Comments

Acqua alta

E poi quella strada strana

tutta coperta d’acqua…

Ho le gambe sommerse

il terrore di cadere

e la pace nel cuore.

Benché aneli la meta

e forse sia attesa

su una soglia di casa

e guidata per strada

dai passi di un uomo

che cammina più avanti

assieme a un bambino,

decido di tornare.

Manca poco al tramonto

e lo splendido cielo

invade i canali colando

il suo oro, il suo rosso

e il sogno d’immenso.

Ritrovare la strada

ora  è l’unico scopo.

Alzo gli occhi al cielo,

sola, vedo l’ultimo sole

e ancora una volta io spero.

A tutti i miei lettori auguro un buon solstizio d’inverno, una serena notte , per quanto lunga sia, e un ottimo inverno! Se vi va di leggere tre righe in proposito, cliccate qui 

Esequie del mirabolano

By Poesia 11 Comments

esequie del mirabolano

L’altra notte il libeccio

ti ha preso, susino,

schiantandoti al suolo,

crudelissimo vento…

Il volo dei fiori

mi par di vederlo,

protendersi ancora

nel cielo azzurrino,

quasi cantasse

in un candido trillo

l’attesa dei frutti

e la gioia feconda.

Giacendo riverso

mi mostri i tuoi figli,

che mai cresceranno,

non più grandi di olive,

ma gravi nel peso

per tutti i tuoi anni

e le crepe e gli scavi

nel tronco rugoso.

Speranze senili,

mai più splenderanno

di oro e di sole

le tue mirabelle

e io piango, per te,

mio bel mirabolano,

e piango per me,

per tutti questi anni,

per il sapore d’estate,

così dolce e un po’ asprigno,

che non so se ritorna

e intanto lo spero.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: