Oggi possiamo dirglielo,
a ’sto destino infame,
che noi non ci crediamo
che faccia tutto lui.
È solo un vagabondo,
che vive di espedienti
ben spesso millantando
poteri che non ha,
proprio come quei cani
che abbaiano fintando,
finché rimane chiuso
il cancello che protegge
la loro coda bassa,
un segno biasimevole
di squallida viltà.
Crediamo appena al fatto
che l’esser messi al mondo
non sia soltanto un dono,
ma anche un forte rischio
di non provare gioie,
amori, feste e fasti,
ma stenti ed abbandono
e che per tutti quanti,
che siano re o bastardi,
la fine della strada
venga segnata sempre
dal marmo statuario,
o quello di Carrara,
o altra pietra o sasso
di bassa qualità.
Perciò, caro destino,
noi ce ne andiam cantando,
finché la voce in gola
non muore di stanchezza
e poi ricominciamo.
Giochiamo come bari,
vogliamo prender tutto
e farlo tutti i giorni,
o meglio a tutte l’ore.
Noi non ti lasceremo
tutti quei tempi morti
che l’ansia e la paura
sottraggono alla vita.
Noi siamo dei ribaldi,
pirati e masnadieri,
disposti a bere tutto,
purché ci sbronzi bene.
Ti sputeremo addosso
dall’alto eroico poggio,
che è anche il nostro abisso,
finché ce ne sarà…
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