Quando sognavo l’Islanda,
ispirata dal ghiaccio e dal fuoco,
ero soprano e usignolo
ricamando spartiti di note
così alte da far sanguinare
i più puri, rompendogli il cuore,
morire felici, rinascere ancora…
Ma ora, che il nulla ci incalza,
oscurando ogni giorno il futuro,
ora, che Dio c’è lontano,
e la mente fatica a adorarlo
e a crederlo il buono fra i buoni,
or che il ruscello è palude
e marciscono fiori di neve
sotto i passi incerti, smarriti
di un primavera di tisi,
ora che le messi future,
abbattute a colpi di falce
reclinano i capi delusi,
lontani da padre e da madre,
rapinati di ciò che era certo,
giovinezza, vita, bellezza,
senza conoscere amore
e papaveri e risa e l’estate,
ora non canto, non spero, non rido,
soltanto aspetto e sospiro.
Oh, com’è lontana l’Islanda,
com’è lontano il bel canto,
or che non posso sognare!
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