Quando straparlavo
della bellezza del cielo
e sempre immaginavo
baie d’oro e lidi rosa
e bagni dell’aurora
in quell’etereo mare
che il regno degli dei
cinge e lambisce,
io ancora speravo.
La morte assai lontana,
allora, e grande l’illusione
che la bellezza riscattasse
la caducità dell’uomo.
Ora che ho più paura
venderei i miei albori
per un anno di vita solo.
Sotto un cielo
piatto di gesso,
il soffitto, tre pesci
nuotano in tondo
e guardano “il mondo”
con occhi basedowiani.
Credono di specchiarsi
nel chiarore calmo
dell’acqua, la cui fonte
per loro è un mistero,
ingannandosi.
Dipinti sulle pareti
del vaso white bone China
i loro alter ego cinesi.
Anche l’alga del fondo
è piatta e purtroppo
non la si può brucare.
Il loro dio ha forma di mano
e ogni giorno si manifesta
e li nutre con cibo
leggero che vola
e sull’onda si posa.
Forse son già in paradiso,
o stanno nuotando
verso l’estrema illusione
di raggiungerlo infine
in un tempo lontano…
Oh, com’è gradito
in quest’alba
di cuscini freddi
ricercare in cielo
le strisce dorate
del nascente sole
e suggere speranze
da scenari d’illusione,
resi inquieti tuttavia
dal persistere mesto
di un’erosa luna!
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