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Depressione prognostica

By Poesia No Comments

Clamoroso, mi sto rompendo!

Sento quel bang nel cuore,

poi non mi muovo più per ore.

Sono un guerriero finito,

con una spada nel fianco,

non vedo né pace né gioia,

né, tantomeno, ritorno.

I miei alleati più fidi,

guerriglieri giorno per giorno,

cioè i miei desideri,

anche quelli cretini,

sono stati glassati

da mix micidiali di statine

e voracemente inalati

da ossigenazioni forzate.

Così ora respiro e non vivo,

con un albatros morto

che mi pende dal collo

e questo è quanto.

 

Il sapore del sabato

By Poesia 3 Comments

 

Il sabato intenso di sigaretta

fin dal mattino più fumo,

noi a scuola lo stesso, a casa mio padre,

la mamma casalinga da sempre,

le labbra intense viola ciclamino,

marchiate (da donna, da madre,

da signora?) come volle il destino

e in mezzo, ma non sempre,

una briciola di tabacco che pende.

Serraglio e Camel mia madre fumava

e poi, poverina, ansimava

con gli occhi intensi di ghiaccio

intesi a sfidare l’altrui cedimento,

il suo, certo, no.

Mio padre, invece, non aveva la bocca.

Lui aveva baffi bizzarri. Di uno strano tono,

mimesi interessante della sua divisa

da fatica, verde bruna, di fante.

Lui fumava nazionali. Fedele, costante.

Un’intensa aura di divinità sovrastante.

Un guerriero, un cavaliere, un papà.

Niente di servile, all’orizzonte,

solo le sue verità.

Cavalcava una Vespa

colore dell’acqua marina

che fendeva volando guardinga

il ponte lungo del Centa,

col grappolo umano contento:

Il centauro, la figlia più grande

seduta, io in piedi davanti

a sperare, in attesa che un giorno

sarei stata l’amazzone in sella.

E tutto quello che doveva succedere

è già successo, adesso.

Brutta sensazione!

Ho preso quattro in ginnastica,

non so scalare la pertica,

sono brava in latino, sono brava papà.

La sorella sposa che se ne va.

Poi un girotondo sempre più teso,

dissonanze nel concerto grosso

che ci piaceva tanto, qualcosa di storto,

un violino furioso, un violoncello offensivo

e la tosse ostinata al mattino.

Non è più la stessa musica, mamma,

che la tua artrosi suonava penosa

e io a volte fingo, ma arrivo fino a Satie,

poi non mi piace più quasi niente…

Ma dove corre la tua mente, papà?

E dopo, catartici, agri a metà,

i lunghi anni di dolore e pietà.

 

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