Già assaporo nell’aria
con il mio naso saccente
qualche sentore d’autunno
e poco capisco l’insistenza del tiglio,
la persistenza mentale dell’odore,
come se il mio cuore battesse
il tempo di giugno e il suo sole.
Lo chiamano rimpianto, ma io no,
quest’anno è stato tutto così uguale
e, per certi versi, brutale. Addio lembi
di estate sdraiata sul mare,
lacerata a sangue dalle unghie
di un vorace dolore, il boia
delle mie ore! Quindi anche l’onda,
col suo trasparente chiarore,
mi rimanda l’olfattiva memoria
algale del nascere e del partorire,
pur nell’ostinata asciuttura
di queste mie misere ore. E respiro,
avidamente respiro anche la neve,
dell’immortale ghiacciaio
che il vento iemale risveglia
in bianche fumate di gelo.
Bellissimo peraltro l’umidore,
senza quasi rumore né odore,
del prossimo inverno a venire.
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