Muta il mio tempo
come a primavera.
Io non prometto
né giuro, ma spero.
Spero di amarti
anche domani,
io sono pioggia
e arcobaleno,
tu sei il mio sole,
riporti il sereno…
Muta il mio tempo
come a primavera.
Io non prometto
né giuro, ma spero.
Spero di amarti
anche domani,
io sono pioggia
e arcobaleno,
tu sei il mio sole,
riporti il sereno…
Ridi ridi dolcemente
come sgranando perle
sul bianco dei denti
e corre la voce
su piccole note,
se fossero guizzi
di una cascata
avrebbero dentro
l’arcobaleno,
mia piccola dea
innamorata.
Non sei, non sono,
non esiste più il tempo,
per sempre ti guardo
e bacio l’eterno.
E mi restano i nodi,
da sciogliere,
non so se ce la farò,
entro questa vita.
Pettino le chiome
del mio fato
con le dita stanche
ed incontro,
come sempre
ogni mattina,
un tessuto di rasta,
impossibilmente
doloroso
da sbrogliare.
E guardo il sole,
e molte belle cose,
oltre ai ricordi,
al di là del dolore
e mi domando,
fluttuando sospesa
all’arcobaleno interiore,
se davvero vale la pena
di capire
e il cardo dei lanaioli
tarda ancora
a fiorire…
In equilibrio
su enormi zeppe
di giunchi intrecciati
rivestite di fiori
caracolla la Primavera.
La potresti incontrare
sui prati
inzuppati di fango,
più donna meno bambina,
coi capelli bagnati
di pioggia
a rimpiangere il sole
del primo mattino.
Con la candida veste
che ha rubato
all’aurora
incollata al suo corpo
tremante di vento
la potresti vedere…
Si siede sul bordo
del fosso, si china
a interrogare le rane
sul destino di morte
di gialle giunchiglie,
degli iris stremati
dei bianchi narcisi.
Si specchia nell’acqua,
la potresti vedere…
Pensa:
“Ero molto più bella
quando l’arcobaleno
mi cingeva la chioma!”
E piange più forte
e tu vedi che piove…
Pomeriggio di musiche celtiche
un po’ mi piace e un po’ no.
Mi spaventa questo arcobaleno,
mi annoia a morte e mi seduce
la cornamusa. Troppa natura intorno,
troppa vita tranquilla, è un po’
come la morte. Però adoro la mia noia
per questo ascolto.
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