Chi curerà la mia paura,
la cecità delle mie notti insonni,
chi fugherà la notte dai miei sogni?
Mi manchi, amore mio. Lo so: sono banale.
Vorrei parlarti con la brillante voce
che al pomeriggio risorge dalle aiole.
Sono le rose, amore dolce,
le rose gialle e rosse che dicono colore.
Chi curerà la nostalgia
ed il rimorso per il tuo precoce volo?
La primavera, amore, sboccia adesso,
ma le manca la luce del tuo sguardo.
Mi ossessiona la mente il caprifoglio
sdraiato fra la panna dei suoi fiori
a suscitare il delirio dei mie sensi.
Sento il profumo della pelle calda,
brucia il tuo corpo offerto alle carezze.
Non volevo dirtelo, lo so, tu piangi spesso:
la nostra colombella è morta stamattina.
Il nido silenzioso mi ha avvertito.
Ah, l’inesperta, piccola creatura
ha scelto male la sua prima casa!
Il gelsomino l’ha accolta e l’ha sedotta,
me l’ha uccisa con l’esca del profumo.
Chi curerà la solitudine,
nei lunghi corridoi dalle infinite svolte,
dove risuona l’eco dei tuoi passi,
leggeri come petali caduti?
Questa è la vita adesso, amore mio:
un delirio di odori e di colori.
La cura, lo sapevi, il tuo ritorno…
Sei tu il mio fiore o tutti i fiori.
Splendida! <3
Grazie, sei molto gentile!
Bella, costruita molto bene e piacevole da leggere con la sua aria tardo ottocentesca, che a me non dispiace, conoscendoti, perché ormai lo so che sei multiforme e multiversata.
Grazie caro Arturo! Questa in realtà era una poesia sul tema del fiore per un concorso, così ho pensato di fare una specie di ballata, quasi…una sceneggiata, per evitare di scrivere una poesiola melensa sui firoellini e la primavera.