La notte già svuota
i suoi lunghi intestini,
budelli intricati
di strade, destini,
di cieche appendici,
di vite sfinite.
Spegne le insegne
anche l’ultimo bar,
quello più in fondo,
quello che giri l’angolo
e poi vedi il mare,
tu sai quale,
proteso sul buio
come la prua
di una nave
pronta a salpare,
con la polena dipinta,
che porta corona,
corona di luna.
E io non so dove andare.
Mi ha buttato fuori
quel ragazzo gentile,
ma alto due metri,
che non è il caso
di litigare.
Riapre alle sei
e prepara i panini
per la gente normale,
che smonta dai turni
o va a lavorare
e vuole mangiare.
A chi lo dico, io, adesso,
che odio il mio letto,
che sembra una bara,
un sepolcro di ghiaccio
da quando è finita
quell’unica cosa
che mi dava la vita,
a chi lo racconto
che non voglio dormire
perché se la sogno
io posso morire?
Pungente… mi ha fatto venire voglia di riascoltare la splendida “L’uomo in frack”
Splendida colonna sonora per una storia malinconica! Grazie Malvina, buona serata.serata.
Un abbraccio!
1000 volte bella. Mi ritrovo in questi versi e non riesco a smettere di leggerla.
1000 volte grazie! Quando finisce una storia importante, quando ci credevi, quando ci contavi… Se i tuoi brutti momenti non sono soltanto un ricordo, ti auguro di superarli presto e di ritornare a sperare.
Grazie per l’augurio. Un abbraccio