Sapendo di andar via,
guardo le due stradelle
che mi erano prigione
e in fondo vedo il mare,
un carcere anche lui,
fatto per trattenere…
Cerco di immaginare,
mi sforzo di provare
l’amara nostalgia
che io dovrei provare.
Come per certi lutti,
adesso come adesso,
non me ne importa niente
di tutti questi giorni
che presto svaniranno,
del vento della sera,
così sapido e algale,
come di un moribondo
che un po’ mi ha fatto male.
Ma poi verrà redento
per esser trapassato
tutto questo mio tempo
che all’ultimo io ho odiato?
Lo so, da sotto il letto,
quell’ultimo mattino,
mi sbucherà un pensiero,
ancora un po’ bambino,
mi prenderà per mano
per farmi ricordare,
ecco, sarà il suo dono,
come quel cofanetto
che avevo in sgabuzzino
e piangerò per tutto
il bello assieme al brutto,
la neve e, sotto, il grano
e la preziosità vigliacca
di ciò che, bene o male,
mai più potrà tornare.
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