Com’è bella la bellezza!
Non per quanto splende,
ma per l’embrione
di gemma che la precede,
per il misterioso respiro
del suo frattale musicale,
per la mente universo
che tutta la contiene…
Com’è bella la bellezza!
Non per quanto splende,
ma per l’embrione
di gemma che la precede,
per il misterioso respiro
del suo frattale musicale,
per la mente universo
che tutta la contiene…
La duna si è offerta
ai venti fecondi
e ai connubi d’amore
graffiati dal mare.
Ritorna la vita
fra la sabbia salata,
di rosa, di giallo
si è rivestita.
Eppure c’è un legno
che, per quanto si affanni,
per quanto sospiri,
non prude di gemme,
né arde di fiori,
né manda radici
a suggere umori…
Tu che la primavera già fuggi
e il rosa fenicottero dei sogni,
tu che le piume dei tramonti
e i canti di cristallo dell’amore
in marcite di fango disperdi,
spiega il tuo volo già oggi!
Non senti, davvero non senti,
nell’aria, nelle acque, nel vento,
che il giorno del volo è già giunto
che è tempo, tempo di migrare?
Per quanto rosa fosse ieri il cielo,
oggi, amore, vedessi come piove…
Ah, che poco accorti siamo stati!
Là, sopra i bordi del sereno e l’oro,
dentro il ventre malato di un azzurro strano,
si dibatteva il mostro dal mantello nero
e noi due, la nostra giovinezza inerme insieme,
senza un pensiero al mondo ridevamo.
Finalmente qualcuno ha zuccherato il tavolo bevendo il caffè, stamattina, e allora… via coll’arte effimera!
Languida muore
sotto il cielo invernale
l’ultima rosa
Dalla finestra all’ultimo piano,
affacciata sul rosso dei tetti,
vedevo l’alba entrare in paese
furtivamente, strada per strada,
trascinando filacce dorate
che l’aspro artiglio della montagna
dalle vesti le aveva stracciato.
Non udivo il rumore dei passi,
ma argentee note, come di cetra,
cadere a gocce e petali rosa
nel silenzio del calmo mattino.
Solo questi fiori dalla notte
il graffio del Libeccio mi lascia:
petali strappati dalla rosa,
code d’equiseto in fuga
dal laghetto increspato…
Chi curerà la mia paura,
la cecità delle mie notti insonni,
chi fugherà la notte dai miei sogni?
Mi manchi, amore mio. Lo so: sono banale.
Vorrei parlarti con la brillante voce
che al pomeriggio risorge dalle aiole.
Sono le rose, amore dolce,
le rose gialle e rosse che dicono colore.
Chi curerà la nostalgia
ed il rimorso per il tuo precoce volo?
La primavera, amore, sboccia adesso,
ma le manca la luce del tuo sguardo.
Mi ossessiona la mente il caprifoglio
sdraiato fra la panna dei suoi fiori
a suscitare il delirio dei mie sensi.
Sento il profumo della pelle calda,
brucia il tuo corpo offerto alle carezze.
Non volevo dirtelo, lo so, tu piangi spesso:
la nostra colombella è morta stamattina.
Il nido silenzioso mi ha avvertito.
Ah, l’inesperta, piccola creatura
ha scelto male la sua prima casa!
Il gelsomino l’ha accolta e l’ha sedotta,
me l’ha uccisa con l’esca del profumo.
Chi curerà la solitudine,
nei lunghi corridoi dalle infinite svolte,
dove risuona l’eco dei tuoi passi,
leggeri come petali caduti?
Questa è la vita adesso, amore mio:
un delirio di odori e di colori.
La cura, lo sapevi, il tuo ritorno…
Sei tu il mio fiore o tutti i fiori.
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