Cercando anima
come affamato
airone d’inverno
saltello giardini spogli
di speranza. Disperata
pigolo sabbia cinerina.
Muta, affamata.
Cercando anima
come affamato
airone d’inverno
saltello giardini spogli
di speranza. Disperata
pigolo sabbia cinerina.
Muta, affamata.
Rotolando fra i pensieri insonni,
offerta il petto alla notte
che mi dilania
e trascinata dentro il gorgo
di un oblio selvaggio
non privo di abbandono,
giù, giù, sempre più giù,
ridendo di dolore,
oltre i confini della mente
oltre la ragione…
Poco invitante
il buffet dei rimpianti
e io che ci vado
Manto nero anni ottanta
con spalle da mongolfiera
che mi fanno volare
e sotto, ben allacciata,
camicia di seta artificiale
che mi costringe a sudare.
Accaldata mi accalco
al tavolone sbilenco,
piatto di carta in mano
usato, lavato, riciclato
per sempre.
La forchetta sdentata
di plastica bianca
artiglio indecente
mi deturpa la mano.
Non mi privo di niente.
La musica stride
da un long playing lesionato
dalla puntina di diamante.
Si ripete e si ripete.
Righe di formiche nere
assediano ordinatamente
un ineffabile cous cous
di lacrime vere,
le sprecate primavere.
Poco lontano
nuota un sushi sfatto
sul mare di un sogno
non più intatto,
il mio professore,
l’Amore…
La tartina rosa innocente
del primo languore
posata sul sandwich
di un gioco da grandi
da dimenticare.
Una farfalla di burro
tenta di volare pesantemente.
Più indigesto di ogni cosa
il meringato alla panna
di un tarmato, negato
abito da sposa impiccato,
tremante…
Niente da bere
per dimenticare.
E poi c’è un carnevale
criminale,
frittelle di fiele
ancora e ancora
amaro l’ amore…
E non aver mai più
la voglia di danzare.
Pensieri contorti
abbarbicati al cielo
e al vento
come i rami del susino
l’altra primavera.
È da tanti giorni
che ogni fiore di me
mi piange dentro
disperdendosi
in petali infecondi,
l’ovario distaccato
e sperso dell’inutilità
e del non sapere…
Mia sorella
dorme ancora
e mia madre
non c’è più.
La dimora
del mio corpo
sgretolata
cade giù.
Devo andare
da mio padre
nel torrente
dei ricordi
dentro il gorgo
dei rimpianti
ritrovare
le parole…
Io non sono originale,
penso normale.
Sento costante
un rumore di pendolo,
l’orologio del tempo
che mi incalza da dentro
e di questo so parlare.
Fuggo col corpo
dalle musiche interne
che mi fanno paura:
una colonna sonora
da film dell’orrore,
molto theremin, rumore
qualche breve stridore
e allora vado al sole,
ma la pioggia mi piace
perché mi dà pace
e mi piace il silenzio
e mi ammanto di sera…
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