Mi sto lasciando andare
a questo senso di febbre
senza più lottare. Sto male,
dolore fisico e morale. Insonnia
trasversale. Testa di legno, cuore
che brucia sulla pira lustrale
della mia inutile vita larvale.
Mi sto lasciando andare
a questo senso di febbre
senza più lottare. Sto male,
dolore fisico e morale. Insonnia
trasversale. Testa di legno, cuore
che brucia sulla pira lustrale
della mia inutile vita larvale.
Come mi piacerebbe
tornare a stanotte,
quando l’intimità
con l’insonnia
lucidava I pensieri
che parevano belli
come chiari cristalli!
Collimava il ritorno
dei miei morti di casa
con il folle concetto
del risorgere adesso,
non avere paura
dei rumori sul tetto…
Solo vento che gira
fra le tegole smosse
o la morte sovrana
che i miei giorni divora?
Stanotte volevo evadere con forza
dal mio cielo falso di cartone,
trascendere pareti e muri neri,
aprire le mie braccia oltre l’insonnia
che mi legava il corpo al letto
e all’ossessione losca dei pensieri.
Stanotte mi volevo ri-Creare,
l’anima com’era e un corpo siderale
e mi vedevo spalancare l’ali
a toccare, non so dove, quando e quanto
l’universo e la pietà di un grande cielo.
Mi sento rodere dentro
dal tempo così lento.
Sole, c’è poco vento,
niente va così storto,
eppure mi consumo,
lentezza esasperante,
lumache sulla vita
e il passo delle ore
così senza sapore.
Mi laverò i capelli
e tutte quelle rime
che sento nella mente
esageratamente
saranno forse sciolte
coi nodi dei pensieri.
Chissà se la mia testa
diventerà leggera?
Lasciare la mia insonnia
ai rovi del cuscino
e galleggiare in sogno,
nel cielo un palloncino…
Luce accesa
Mi duole il cuore,
mano aperta sul petto
per dimostrare.
Un solo occhio aperto
mi guardi dubbioso,
ciclope irritante.
Dormire, dormire!
Luce spenta
Cataratte di ragnatele
ricoprono i vasti
soffitti della stanza
(quattro metri per quattro)
luce che filtra,
persiana bilenca,
occhi stanchi.
Ovunque pendono
funamboliche funi
e drappi di insonnia
per farmi scendere
da quest’ora infame
(le tre meno un quarto)
al non tempo del sonno,
ma adesso non posso.
Vorrei amarti ancóra,
ancorarmi alla boa
del tuo abbraccio possente.
Ma la tua schiena
mi sdraia contro
un silenzio indifferente.
Il tuo respiro parlato,
molto meno di un ronfo
e poco più di un sospiro,
si lega al mio fiato
così intimamente.
Catturo il tuo braccio inerte
e me lo drappeggio intorno
ancorandomi ancóra a te,
solo io consenziente.
Così non posso fuggire,
perché, se a volte il troppo
non sembra abbastanza,
certe notti ti accorgi
che il poco basta e avanza.
Luce naturale dell’alba
Quando tu dormi
come un bambino
la mia insonnia ti veglia,
e come una madre
ti accarezza le mani.
È già autunno, per noi,
e la notte da domani
si ingoierà a morsi
i nostri piccoli giorni
fino a farli sparire
nel buio intestino.
Sarà per questo
inevitabile equinozio
che sento di amarti
immensamente di più
nel grigio mattino.
La tristezza di un giardino
abbandonato estivo,
le sue piccole denutrite
rose, la sete, la gazza,
la tortora funeraria,
il fischio del merlo,
la sedia bianca
che s’appoggia al fico,
la mia quieta insonnia,
il silenzio vizzo dell’ortensia.
Oltre la siepe, il mare,
I gabbiani, i lamenti,
gli sgraziati canti…
La fioritura del cactus
addossata alla veranda.
Vendimi soltanto
una notte più calma,
stabilisci il prezzo tu.
Vedo che nei tuoi sacchi
non hai molti semi di vita.
Io ti propongo: vendimi
una notte di sonno
per cinque dei miei giorni.
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