È come se
fossi rimasta
nel lungo corridoio
di graniglia
a cavalcare
il mio cavallo,
un baio,
sulle praterie
che non avevo
visto mai.
In quel tempo
ero un cow-boy…
È come se
fossi rimasta
nel lungo corridoio
di graniglia
a cavalcare
il mio cavallo,
un baio,
sulle praterie
che non avevo
visto mai.
In quel tempo
ero un cow-boy…
Sto malissimo.
Sto tre volte più male
di male. Sto uccidendo
i miei giorni depressi
con milioni di stupidi
no. Sono graffi alle porte
del cuore, sono topi
che rodono i muri.
Se son casa, son certa
che crollo, sentirai
nella polvere: crash!
Mi chiedevi
chissà che cos’hanno
le campane
da essere così contente
e da suonare tanto…
Tu sei un tipo strano
sarà per questo
che ti resto accanto
oscurano il tramonto
pennellate di grigio
si dilava
la malinconia
qui nella casa
il tuo starnuto da orco
l’unico rumore.
Fondamentale.
Potrà tornare a piedi nudi
un’altra primavera
in questo prato
aspro di brina?
E la mia casa così sola
aprirà come occhi
le finestre al nuovo sole?
La mia porta sarà schiusa
e con l’acqua del disgelo
canterà di vita il cuore?
Ha steso l’inverno
una coltre di brina
sui prati di un tempo…
Un sole azzurrato
asciuga i ricordi
il tormento del vento
congela ogni pianto.
Eppure ritorno,
ostinata ritorno.
Ma ogni luogo è un esilio,
ogni meta un ostello,
non c’è posto per me,
non riposo, non casa.
Non me l’aspettavo.
Un geranio fiorito di rosso
alla curva di una strada.
Un portone chiuso
si può aprire.
Pare un luogo
pieno di pace.
Chi curerà la mia paura,
la cecità delle mie notti insonni,
chi fugherà la notte dai miei sogni?
Mi manchi, amore mio. Lo so: sono banale.
Vorrei parlarti con la brillante voce
che al pomeriggio risorge dalle aiole.
Sono le rose, amore dolce,
le rose gialle e rosse che dicono colore.
Chi curerà la nostalgia
ed il rimorso per il tuo precoce volo?
La primavera, amore, sboccia adesso,
ma le manca la luce del tuo sguardo.
Mi ossessiona la mente il caprifoglio
sdraiato fra la panna dei suoi fiori
a suscitare il delirio dei mie sensi.
Sento il profumo della pelle calda,
brucia il tuo corpo offerto alle carezze.
Non volevo dirtelo, lo so, tu piangi spesso:
la nostra colombella è morta stamattina.
Il nido silenzioso mi ha avvertito.
Ah, l’inesperta, piccola creatura
ha scelto male la sua prima casa!
Il gelsomino l’ha accolta e l’ha sedotta,
me l’ha uccisa con l’esca del profumo.
Chi curerà la solitudine,
nei lunghi corridoi dalle infinite svolte,
dove risuona l’eco dei tuoi passi,
leggeri come petali caduti?
Questa è la vita adesso, amore mio:
un delirio di odori e di colori.
La cura, lo sapevi, il tuo ritorno…
Sei tu il mio fiore o tutti i fiori.
Commenti recenti